Non è per niente stupito. Anzi: «La Costituzione è stata stravolta e questo è un fenomeno che va avanti dai tempi di Mani pulite, se non da prima». Giulio Sapelli, storico dell'economia, non ama le mezze misure ma affila i giudizi con il linguaggio alto dell'accademico: «Questa è la patrimonializzazione dello Stato da parte della magistratura».
Tradotto in italiano, la politicizzazione?
«Politicizzazione è un termine da ignoranti».
D'accordo, ma provi a spiegare anche a chi non ha vissuto tutta la vita dentro una biblioteca.
«Il problema è drammatico: la magistratura ha avvelenato la democrazia e le ha inferto un vulnus irreparabile».
Professor Sapelli, il tema é incandescente. Proprio in questi giorni escono le intercettazioni dell'inchiesta di Perugia su Luca Palamara e il mercato delle nomine. In quelle carte c'è di tutto ed emerge anche che i vertici dell'Anm si comportavano come un partito, dettando una linea da seguire. Per esempio, andando all'attacco di Matteo Salvini sulla gestione dei migranti.
«Si è fatto scempio dello stato di diritto».
L'impressione è che sia stata colpita negli ultimi 25 anni più la destra della sinistra e perfino Luigi de Magistris ora riconosce che le indagini puntavano sempre nella stessa direzione. C'è stato uno sbilanciamento nell'azione delle procure?
«Certo, ma si tratta di una questione che ha radici ben più profonde».
In sostanza, che cosa è successo?
«C'è stata la patrimonializzazione dello Stato, se vogliamo usare termini più terra terra potremmo dire che la magistratura ha scalato lo Stato, si e impadronita del potere».
Scusi, i giudici hanno sempre parlato di autonomia e indipendenza a garanzia della giurisdizione e dell'azione penale.
«Falso. Noi siamo, anzi eravamo una repubblica parlamentare. Siamo diventati una repubblica giudiziaria. La magistratura ha invaso il campo della politica. Alcune scelte poi si sono rivelate deleterie ed hanno contribuito allo sfaldamento della nostra democrazia. Pensi cosa ha voluto dire l'abolizione dell'immunità parlamentare. Un passo indietro rovinoso».
Un processo inarrestabile?
«Per ora sì. La magistratura dovrebbe essere un ordine, un corpo dello Stato, e invece è diventata un potere. Ma l'unico potere dovrebbe essere quello del Parlamento».
Come se ne esce?
«Dovremmo recepire il modello francese».
Le toghe tricolori protestano ed ogni tentativo di riforma, anche il più pallido, finisce con l'apparire come un attacco alla libertà delle toghe.
«Ma quale delegittimazione. È lo Stato che viene squilibrato dall'azione dei magistrati».
Ma lei sostiene tesi eretiche. Se si realizzasse anche solo un decimo di quel che lei afferma, molti direbbero che la democrazia è in pericolo.
«Eh no, è in pericolo lo Stato che non funziona come dovrebbe. Bisogna riportare le toghe nel loro alveo naturale».
Quindi?
«Quindi fine dell'autocefalia. La magistratura non può governare se stessa».
La scomunicheranno. I correttivi?
«Separazione delle carriere e azione penale discrezionale».
Lei ci spera?
«È questa la strada da seguire».
Le toghe non griderebbero al golpe?
«Ma no, è il contrario: le toghe hanno scardinato lo stato di diritto. Il parlamento dovrebbe riprendersi i propri poteri».
Auguri.
«Dobbiamo intervenire perché il processo distruttivo va avanti. Lo Stato, come dimostra la pandemia, si é frantumato: regioni, comuni, il governo centrale. Tutti contro tutti, nel caos generale».
E la magistratura?
«Resisteva, asserragliata nel proprio potere. Ma l'inchiesta di Perugia, i cui atti peraltro arrivano all'opinione pubblica a ondate successive da circa un anno, fa intravedere un nuovo scenario. Siamo alla guerra per bande anche dentro quel mondo. Dopo aver conquistato il potere, ora i giudici - o meglio i loro rappresentanti nell'Anm e al Csm - scatenano una penosa guerra per bande. Si combattono fra di loro, si accapigliamo, litigano per questa o quella poltrona. Uno spettacolo indecente e che dovrebbe finire al più presto».
Ma come?
«Torniamo allo stato di diritto, calpestato per troppo tempo.
Studiamo quel che volevano realizzare i padri costituenti, recuperiamo lo spirito della Costituzione, leggiamo i grandi costituzionalisti che ci hanno insegnato la civiltà del diritto. Forse, ci risparmieremo ulteriori convulsioni e umiliazioni della democrazia».
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