La resa di Matteo segna la fine del caso Diciotti Ma ora lui è un martire

La mossa del pm accresce la sua popolarità «Andare al voto? Soltanto un'extrema ratio»

La resa di Matteo segna la fine del caso Diciotti Ma ora lui è un martire

L'avviso di garanzia come medaglia d'onore, rispetto e fedeltà all'impegno preso con gli elettori. La sicurezza di avere le spalle coperte dal sostegno degli italiani. La tentazione delle urne - una «extrema ratio, il patto di governo tiene, soltanto se necessario faremo da soli» dicono dal Carroccio - sempre dietro l'angolo. Senza dimenticare le elezioni europee del prossimo anno, un appuntamento che potrà certificare i nuovi equilibri politici e la crescita elettorale della Lega.

Il giorno dopo la conclusione del caso della nave Diciotti l'impressione è che l'affondo della magistratura abbia trasformato una vicenda controversa e difficile da gestire - una mezza sconfitta insomma - in una sicura vittoria. Un assist che Matteo Salvini ha incassato senza grandi motivi di preoccupazione. Tanto più che l'iniziativa della Procura di Agrigento non potrà che tradursi in un nulla di fatto visto che, trattandosi di un ministro indagato per decisioni prese nell'esercizio delle sue funzioni, dovrebbe arrivare un via libera politico da parte dell'aula del Senato. Una circostanza che equivale a una ipotetica dell'irrealtà.

«Comunque vada a finire l'inchiesta di Agrigento sarà un successo, politico per Salvini», fa notare Raffaele Fitto. Il titolare dell'Interno sa bene che in questo momento se si tornasse alle urne il sorpasso sui Cinquestelle sarebbe estremamente probabile e verrebbero toccate vette mai sfiorate in precedenza. Non è sfuggito a nessuno che Matteo Salvini indagato sia diventato ancor più presente, popolare e virale sui social network come dimostra l'hashtag #nessunotocchiSalvini! che da due giorni sta spopolando in rete.

Di certo la politica del Viminale non subirà frenate dopo gli ultimi avvenimenti. Tanto più che Salvini è rimasto piacevolmente colpito dalle professionalità che ha trovato all'Interno. Non a caso ha immediatamente difeso i funzionari del dipartimento libertà civili e immigrazione, dicendo di essere lui l'unico responsabile delle indicazioni fornite sulla Diciotti. Ma dai funzionari non è mancata una rivendicazione delle scelte compiute di comune accordo in queste ore delicatissime. Matteo Piantedosi, il capo di Gabinetto di Salvini, ad esempio, si dice «sereno, tranquillo e determinato». Il rapporto con Salvini non si è incrinato, ma si è addirittura rafforzato, con il leader leghista che ne apprezza lo stile e la concretezza. Da uomo di legge e di istituzioni Piantedosi è convinto che la gestione del caso Diciotti non sia andata affatto contro le regole. Anzi rifarebbe le stesse cose e trasmetterebbe gli stessi input.

In questo contesto resistono due elementi di preoccupazione. Il primo riguarda i rapporti con i Cinquestelle. La compattezza governativa non è mancata. Enzo Moavero e il premier hanno fatto gioco di squadra. E Luigi Di Maio ha tenuto a bada i mal di pancia di Roberto Fico. Meno bene il rapporto con i gruppi parlamentari grillini. La nota con cui è stato puntualizzato che l'incontro di Salvini con il premier ungherese Viktor Orban è a titolo personale non è stata gradita dai leghisti.

Inoltre resiste uno spettro per il quale soprattutto Giancarlo Giorgetti non nasconde le proprie preoccupazioni: quello dello spread. Il vero nemico con cui il governo sa di dover fare i conti in vista di un autunno inevitabilmente caldo, almeno sui mercati finanziari.

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