Afghanistan in fiamme

La rete del Nangarhar. Roccaforte del male che nascose Bin Laden

Blitz Usa nella provincia considerata la culla del terrorismo dai tempi di Al Qaida e Isis. Qui furono sconfitti britannici e russi. E qui lo sceicco del terrore decise di fare il suo rifugio

La rete del Nangarhar. Roccaforte del male che nascose Bin Laden

I droni ed i super aerei elettronici per le intercettazioni monitoravano da giorni la base dello Stato islamico vicino a Jalalabad, nella provincia di Nangarhar, la culla del terrore in Afghanistan. Dopo l'attacco suicida all'aeroporto di Kabul del 26 agosto, l'obiettivo erano due emiri dell'Isis-Khorasan, la costola afghana del Califfato. Le figure di alto profilo, come le ha definite il generale Hank Taylor, stavano pianificando altri attacchi allo scalo per martellare gli americani in ritirata. Un drone ha incenerito la base, quando moglie e figli del numero uno della cellula sono usciti dalla zona di fuoco.

L'operazione è scattata, non a caso, nella provincia orientale di Nangarhar, una vera e propria culla del terrore dai tempi di Al Qaida allo Stato islamico. L'area montagnosa e con poche strade, a sud est di Kabul confina con la famigerata zona tribale di frontiera pachistana, che neanche il governo di Islamabad controlla completamente. La provincia è stata la tomba di diversi imperi da quello britannico all'Unione sovietica. A nord, nel confinante Nuristan, si insediarono gli antichi guerrieri di Alessandro Magno, dopo avere conquistato una bella fetta dell'India. Un'aera selvaggia dove sono rimasti per non tornare più a casa. Le truppe dell'impero britannico furono decimate nella ritirata da Kabul del 1842 proprio fra Jalalabad ed il Kyber pass. Una sanguinosa sconfitta descritta nel Grande gioco da Rudyard Kipling. I sovietici, durante l'invasione degli anni ottanta, ci provarono a tagliare le vie di rifornimento dei mujhaeddin del Pakistan, proprio a Nangarhar, ma nonostante i bombardamenti a tappeto, l'impiego dei corpi speciali spetnatz e il lancio dagli elicotteri di migliaia di mine farfalla sui sentieri della guerriglia non raggiunsero mai l'obiettivo. Nell'area compare per la prima volta Osama Bin Laden, che si vantava di avere strappato il kalashnikov da paracadutista, sempre al suo fianco nei video di Al Qaida, a un generale russo ucciso da quella parti. Lo sceicco del terrore, grazie alla società del padre, trasferì in Afghanistan manovalanza ed escavatori per costruire un dedalo di bunker e rifugi nelle grotte di Tora Bora. Dopo l'11 settembre e la sconfitta del primo regime talebano nel 2001, Bin Laden ed i resti di Al Qaida si arroccarono nel complesso sotterraneo. Ci sono voluti mesi di bombardamenti dei B 52 e operazioni dei corpi speciali per stanarli tutti. Il fondatore di Al Qaida riuscì a fuggire in Pakistan.

Dal 2015, la culla del terrore, è diventata la base nascente dello Stato islamico in Afghanistan con lo slogan siamo noi i veri difensori dell'Islam e non i talebani. Due anni dopo l'allora presidente americano, Donald Trump, decide di usare per la prima volta il più potente ordigno non nucleare dell'arsenale americano. La bomba taglia margherite, 11mila chili di esplosivo, viene sganciata proprio su una riunione dell'Isis nella provincia di Nangarhar aprendo un cratere largo 100 metri e spazzando via tutto. Anche Gbu-43/B, nome militare della super bomba, non è servita a fermare il Califfato nella culla del terrore, dove sono confluiti i resti dei volontari jihadisti sconfitti in Siria e Iraq e nuovi adepti della guerra santa dal Pakistan e dall'Asia centrale. La Cia ed i Navy Seals americani hanno compiuto, assieme ai corpi speciali afghani, 250 raid in quattro anni nella provincia dell'Isis dimezzando le sue falangi. Gli stessi talebani avrebbero collaborato fornendo informazioni e chiudendo vie di fuga per eliminare i rivali, ex adepti del movimento.

La base distrutta ieri dal drone Usa è solo un tassello della rete dello Stato islamico nella culla del terrore, che userà Nangarhar per incitare alla guerra santa estrema, in patria e all'estero, anche nel nuovo Emirato islamico.

Commenti