Cronache

"Rider sfruttati e minacciati". Giudice sequestra Uber Eats

Accusa di "caporalato" per le dichiarazioni di 16 giovani. Commissariata la filiale italiana della società

"Rider sfruttati e minacciati". Giudice sequestra Uber Eats

Milano. Sfruttamento dei «rider», il popolo giovanile di fattorini stranieri che sfreccia in bicicletta per la città e consegna cibo per il servizio Uber Eats. Con l'accusa di caporalato - elaborata sulla base delle dichiarazioni di sedici ragazzi di origine africana arruolati proprio come rider da una società individuale gestita da tre soci in zona Lorenteggio e facente capo a «Uber Italy srl» - la Sezione misure di prevenzione del tribunale di Milano ha disposto ieri l'amministrazione giudiziaria, ovvero il commissariamento, della filiale italiana del gruppo americano. Su Uber, già dal novembre scorso, indaga il Nucleo di polizia economica della Guardia di Finanza coordinata dal procuratore aggiunto Alessandra Dolci e dal pm Paolo Storari.

In particolare quattro dei giovani sentiti che lavorano per i tre soci titolari della ditta individuale e facente capo a una modalità fissa di pagamento nell'ambiente conosciuta come «Uber Flash» - hanno dichiarato alle Fiamme Gialle milanesi di essere stati pagati «a cottimo puro» (cioè senza una base di retribuzione garantita) 3 euro per ogni consegna effettuata. Tutto questo secondo questi giovani immigrati sarebbe avvenuto indipendentemente dalla distanza percorsa (ritiro dal ristoratore e consegna al cliente finale), dalla fascia oraria (diurna o notturna e giorni festivi), delle condizioni meteorologiche in cui questi ragazzi si trovano a lavorare e nonostante in precedenza fossero stati pattuiti altri compensi, di cui a riprova la Procura ha una documentazione scritta, come appare nel decreto.

Sempre secondo i giovani rider la modalità di retribuzione, tra l'altro, non terrebbe nemmeno conto del valore che la stessa applicazione di Uber, attraverso la quale vengono fatte le ordinazioni, attribuisce alla singola consegna. In altri termini ogni rider, tramite la propria «app», visualizza subito l'importo che Uber riconosce per la corsa portata a termine (ritiro/consegna) ma nonostante questo verrebbe comunque pagato sempre e solo 3 euro a consegna.

«La mia paga era sempre di 3 euro a consegna indipendentemente dal giorno e dall'ora» ha spiegato uno dei rider agli investigatori del Nucleo di polizia economica della Guardia di Finanza. E un altro gli fa eco: «()indipendentemente dal tempo e dalla strada percorsa, per ogni consegna mi veniva riconosciuto un importo tra i tre e i quattro euro». E un collega: «(...)so che esiste un altro sistema, che chiamano Uber Flash, per il quale chi lavora non prende la cifra che appare sull'app, ma circa 3 euro a consegna». Inoltre, secondo quanto emerge dall'inchiesta, qualora il rider in questione avesse violato le indicazioni ricevute, ovvero avesse mosso recriminazioni per gli importi in denaro che gli venivano sborsati a pagamento delle prestazioni effettuate, era soggetto al blocco del proprio account trovandosi, di fatto, nell'impossibilità di lavorare.

Alla notizia del commissariamento il gruppo ha diffuso un comunicato nel quale si legge che «Uber Eats ha messo la propria piattaforma a disposizione di utenti, ristoranti e corrieri negli ultimi 4 anni in Italia nel pieno rispetto di tutte le normative locali: condanniamo ogni forma di caporalato attraverso i nostri servizi in Italia». «Inoltre - conclude la nota - partecipiamo attivamente al dibattito sulle regolamentazioni che crediamo potranno dare al settore del food delivery la sicurezza legale necessaria per prosperare in Italia.

Continueremo a lavorare per essere un vero partner di lungo termine in Italia».

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