«C'è Conte che sta davvero su tutte le furie per la giustizia», dice al Giornale in mattinata una fonte parlamentare del M5s. Comincia così un'altra giornata di caos interno. Paura e delirio sulla prescrizione. Proprio come previsto, i grillini si spaccano di nuovo. E lo fanno sulla riforma della Guardasigilli Marta Cartabia. Un testo che dovrebbe rottamare la «Spazzacorrotti» dell'ex ministro della Giustizia Alfonso Bonafede. Per i contiani è un'altra bandiera giallorossa che si ammaina, per l'ampio fronte governista, invece, la mediazione raggiunta nella serata di giovedì è sufficiente per non creare problemi al governo di Mario Draghi. L'allungamento dei tempi della prescrizione ha convinto in extremis i ministri del Movimento a dire sì alla riforma in Cdm. Ma la bomba è scoppiata comunque, i buoi sono scappati dalla stalla.
Gli uomini più vicini all'ex presidente del Consiglio martellano. Nel mirino ci sono Beppe Grillo e i ministri governisti da un lato, la stabilità dell'esecutivo dall'altro. «Si sono piegati anche questa volta», va all'attacco il direttore del Fatto Quotidiano Marco Travaglio in un durissimo editoriale. Quindi il giornalista indossa i panni del consigliere di Conte e gli suggerisce di fondare il suo partito. «Dovrà valutare seriamente se gli convenga ereditare un guscio vuoto - l'affondo di Travaglio - anzi pieno di pusillanimi che svendono ideali e princìpi per un piatto di lenticchie. O se non sia meglio costruire qualcosa di nuovo, senza zavorre fra i piedi». Il pressing sull'avvocato affinché si liberi dei grillini in realtà va avanti da settimane, ma lui teme il salto nel vuoto. Molti degli stessi parlamentari contiani hanno più di una riserva a imbarcarsi in un nuovo progetto da costruire da zero. Nei gruppi prevale l'istinto di sopravvivenza, solo una minoranza vuole far ballare Draghi. Anche per questo motivo la fronda sulla giustizia potrebbe essere contenuta. Ancora non si capisce quale sarà la linea in aula e domani ci sarà un'assemblea congiunta dei deputati e senatori con i ministri stellati. A guidare l'ultima sedizione sono i componenti della commissione Giustizia alla Camera, tra cui Vittorio Ferraresi, ex sottosegretario a Via Arenula, vicinissimo a Bonafede.
Alcuni parlamentari parlano di uno «schiaffo», altri minacciano nelle chat: «I ministri dovranno spiegare». Si lamentano per un cambio di linea «scoperto dalle agenzie». Sul nuovo sito ufficiale, in un lungo post, il M5s prova a difendere i risultati ottenuti. «Abbiamo combattuto», si legge, «con le armi che abbiamo, dentro una maggioranza che sul tema la pensa diversamente da noi. Ma siamo riusciti a ottenere una serie di risultati». Sulle barricate Bonafede. Anche lui era all'oscuro della decisione sul voto favorevole dei ministri alla riforma Cartabia. «Ieri il M5s è stato drammaticamente uguale alle altre forze politiche, ha annacquato la battaglia», scrive sui social l'ex Guardasigilli, che parla di «timoroso e ossequioso benestare dei ministri M5s». Conte, dal convegno nazionale dei Giovani imprenditori di Confindustria, si intesta la linea dura. «Non canterei vittoria, non sono sorridente sulla prescrizione, siamo tornati all'anomalia italiana», dice l'ex premier. L'avvocato si definisce un «semplice cittadino». Sul futuro del M5s resta a mezz'aria. Un po' apre alla pace con Grillo: «Ci stiamo lavorando». Un po' chiude, dettando condizioni: «Bisogna definire bene i contorni, i ruoli, se le regole saranno pienamente condivise io ci sono, altrimenti no». Lo scontro sulla giustizia complica la partita dei «pontieri», meno ottimisti degli scorsi giorni sull'accordo. Grillo è al centro delle accuse dei contiani. Secondo un retroscena del Fatto Quotidiano, il fondatore avrebbe dettato la linea ai ministri dopo una telefonata avvenuta in giornata con il premier Draghi. Nel pomeriggio fonti M5s smentiscono l'intervento del Garante.
Alessandro Di Battista è sempre più vicino a Conte: «Non è vero che Draghi è grillino, sono certi grillini a essere ormai irrimediabilmente diventati draghiani - scrive sul giornale online Tpi - Intimoriti o interessati, i ministri a 5 stelle hanno dato prova di incapacità politica, pavidità, accidia e inadeguatezza».
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