Una riforma tra l'inutile e il dannoso

Chi mastica anche un minimo di teoria economica sa bene che se esiste un qualcosa che è del tutto inutile oppure dannoso, questo è il salario minimo

Una riforma tra l'inutile e il dannoso
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Chi mastica anche un minimo di teoria economica sa bene che se esiste un qualcosa che è del tutto inutile oppure dannoso, questo è il salario minimo. Non solo è una misura dirigista, ma è anche una strategia politico-economica illogica e controproducente. II salario minimo si rivela inutile quando la legge fissa un prezzo per il lavoro che si colloca sopra a quello di mercato. In altre parole, se perfino i lavoratori con le retribuzioni più modeste ricevono più di 9 euro all'ora, quella misura non modifica per nulla l'ordine economico: come una regola che ci obbligasse a respirare.

Ci possono però essere situazioni in cui il salario non arriva a quella soglia. Secondo lo Svimez, ad esempio, nel Mezzogiorno circa un quarto dei lavoratori riceve paghe inferiori ai 9 euro orari. In questo caso il salario minimo non sarebbe inutile, ma per lo più dannoso, dato che metterebbe fuori mercato quanti (soprattutto giovani, donne e soggetti con bassi livelli di istruzione) non sono appetiti dalle aziende. In breve, nel migliore dei casi il salario minimo non serve a nulla, ma talvolta può perfino aumentare la disoccupazione meno qualificata e ostacolare le imprese che s'avvalgono di quel personale.

L'illusione è che si possa aumentare la paga ai lavoratori peggio pagati semplicemente costringendo l'impresa a ridurre i profitti. È ovvio che in qualche caso possa accadere, ma non si può mai prevedere quali siano le aziende che fanno davvero profitti e in quale misura, né sappiamo se saranno ancora interessate a quella forza-lavoro una volta che il suo prezzo fosse aumentato per via legislativa. Le imprese potrebbero, ad esempio, accrescere i loro investimenti in macchinari, ampliare i programmi di stage (gratuiti) e anche, è facile prevederlo, spostare quei salari nel mercato nero, senza modificarli.

Secondo Unimpresa la misura comporterebbe un costo complessivo del lavoro di 6,7 miliardi. A pagarne il prezzo, come detto, non sarebbero solo le imprese, ma in primo luogo i lavoratori. In America esistono intere biblioteche di studi che mostrano come ogni aumento del minimum wage abbia accresciuto la disoccupazione.

Se si vogliono davvero alzare i redditi dei più deboli bisogna imboccare un'altra strada, quella della riduzione delle imposte.

Ciò esige un arretramento dello Stato e anche una riduzione dei burocrati pubblici, i quali rappresentano una parte fondamentale dell'elettorato di Schlein e Conte. Ed è per questa ragione che la sinistra preferisce dichiarare guerra al buon senso e ai principi dell'economia. Costi quel che costi.

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