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Una riforma per tre mostri da abbattere

Si sta vociferando di riforma fiscale. Nella nebbia sul progetto ufficiale, si profilano tre mostri, che appartengono alla categoria che Luigi Einaudi chiama "l'imposta taglia"

Una riforma per tre mostri da abbattere

Si sta vociferando di riforma fiscale. Nella nebbia sul progetto ufficiale, si profilano tre mostri, che appartengono alla categoria che Luigi Einaudi chiama «l'imposta taglia», ossia quella decisa unilateralmente dal fisco di cui il contribuente non sceglie e non conosce la contropartita, per sé e per la comunità. Sulle orme di Einaudi, il premio Nobel dell'economia James Buchanan, chiama l'imposta taglia «Leviatano fiscale», come il mostro della leggenda che divora chi entra nel lago in cui esso vive. Il primo dei tre mostri, che sembra si stia concretizzando, è l'imposta patrimoniale occulta sugli immobili derivante dalla riforma del catasto immobiliare, che non si baserebbe più sul numero di vani, ma sui metri quadri. La riforma di un sistema di accertamento dovrebbe essere a invarianza di gettito, perché esso è lo strumento per applicare l'imposta, fermi restando i servizi erogati. Si tratta di Imu e di Tari, per i rifiuti. Invertendo il rapporto fra mezzo e fine, si genera un tributo patrimoniale occulto. Il suo livello dipende da due fattori. Il primo è la dimensione del vano standard considerato. Se essa è di 10 metri quadri e i vani veri, mediamente, sono invece di 15 metri quadri, il mostro Patrimoniale occulta è pari al 50% in più di Imu e Tari. L'altro fattore della dimensione del mostro è dato dai metri quadri di ingressi e corridoi, che il catasto sui vani non tassa. Il secondo mostro contro cui si deve combattere si chiama Irap, ossia Imposta regionale sulle attività produttive, creata alla fine degli anni Novanta. Esso grava sul costo del lavoro autonomo e dalle società ed enti di ogni specie, che va pagata anche quando la ditta non ha utile, bensì perdita. Il mostro Irap si aggiunge ai contributi sociali dovuti per la pensione, gli infortuni sul lavoro, la disoccupazione e altre provvidenze sociali e colpisce il lavoro, mentre la disoccupazione è al 9%. Andrebbe svuotato diventando un'aggiunta all'aliquota Irpef e all'imposta sulle società. Ma l'Irpef è il terzo mostro, gonfio di progressività eccessiva. Per il progetto governativo il taglio di aliquote Irpef che esso prospetta va coperto con taglio di spese o aumento di tributi. Il progetto nega l'esistenza della curva di Laffer benché statistiche e indagini econometriche dimostrino che essa esista, insieme con i suoi effetti. Ciò specie se si toglie la rigida regolamentazione del mercato del lavoro e se si minimizzano gli oneri fiscali e parafiscali sui contratti di produttività. La produttività per addetto e quella per ora lavorata in Italia sono di media più basse della media europea, mentre 20 anni fa erano maggiori. Il mostro Irpef diventerebbe un mostriciattolo se si accettasse la cedolare secca sugli immobili commerciali, al 22% che farebbe emergere la materia imponibile degli affitti in nero, come è accaduto per la cedolare secca sulle abitazioni. E se coi contratti di lavoro di produttività, a fiscalità minima, si raddoppiasse l'utilizzo degli impianti e dei macchinari, avremmo molti più occupati e perciò più reddito. Le imprese sarebbero più efficienti.

E il fisco così recupererebbe lo sconto fiscale.

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