
Riparte dalle periferie la lotta del governo per sconfiggere le mafie mentre la sinistra preferisce i salotti. Neanche tre anni fa Caivano era il Bronx della Campania, oggi è uno dei quartieri più sicuri dell'hinterland. Nel 1980 qui ci finirono qualche migliaio di sfollati del sisma in Irpinia (lo stesso avvenne a Scampia...), l'innesto forzato doveva durare il tempo della ricostruzione ma speculazione edilizia post-sisma e miopia trasformarono le in terreno di caccia dei pusher armati di pitbull. Dietro il filo spinato i clan gestivano la piazza di spaccio più grande d'Europa, protetti da bambini vedette di 10 anni e telecamere, si consumavano occupazioni e abusi edilizi ma non solo: violenze, spaccio, omicidi, stupri di minori, bambini che volavano dai balconi, l'ombra della pedofilia, due cuginette violentate dal branco. Don Maurizio Patricello assisteva impotente, «qui non c'è futuro, la gente perbene va via e lascia le case, occupate dai malavitosi», fece appello a Giorgia Meloni, che in due anno ha trasformato il quartiere.
È qui che Fratelli d'Italia ha lanciato la sua sfida alle mafie, in una zona bonificata dal prefetto Michele Di Bari. Il Comune viene sciolto per mafia, «ma sulla lotta alle infiltrazioni camorristiche stiamo ragionando su formule di affiancamento tra Prefetture e sindaci ai sindaci», dice il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi rispondendo a una domanda del Giornale.
Prima di lui a infiammare la platea è stata Arianna Meloni, che replica alle farneticazioni di Rosi Bindi («dal governo provvedimenti contrari alla lotta alla mafia»), è la sorella del premier a invitare l'ex presidente della commissione Antimafia «a fare meno salotto e venire a Caivano a vedere ciò che ha fatto il governo». Un piano straordinario di investimenti da 56 milioni, videosorveglianza e illuminazione pubblica, vigili urbani e assistenti sociali, edifici riqualificati a fini sociali, il centro sportivo Delphinia abbandonato da anni, al di là dello stradone che gira intorno al murales delle due bambine abbracciate e la scritta Nessuno resti solo rinato e ribattezzato Pino Daniele, 50mila metri quadrati con parco, piscina, una ventina tra campi da basket, tennis, padel e calcio a cinque, palestre attrezzate e un ring per 130 ragazzi della zona, inaugurato dal premier un anno fa, un teatro abbattuto che diventerà un auditorium e il Polo universitario in Scienze Motorie e Scienze Infermieristiche. Anche il Procuratore capo di Napoli Nicola Gratteri lo aveva ammesso in commissione Antimafia: «Caivano non è stato uno spot», anzi è un modello da esportare in altre 53 periferie degradate da Rozzano a Milano al Quarticciolo a Roma.
Caivano è benedetto anche dal capo dello Stato Sergio Mattarella, una Epifania a sorpresa per don Patricello lo scorso 5 gennaio perché la camorra gliel'ha giurata, vive sotto scorta, teme per la sua vita, si sente lasciato solo. Piantedosi e la presidente dell'Antimafia Chiara Colosimo sono andati a trovarso lontano dai riflettori. È finito nel mirino di chi si è ribellato e ha minacciato il suicidio, dormendo in strada nel quartiere e passando per vittima anche agli occhi di chi a quelle case aveva diritto. I camorristi hanno dato la colpa allo Stato e alla Chiesa, come certa antimafia ideologica che si tiene alla larga da qui. E quando arriva mescola ideologie e politica, con un copia-incolla delle frasi del sacerdote, accusato da Report di averci messo la faccia «al posto del commissario di governo», il capo della Protezione civile Fabio Ciciliano, come se Patricello fosse uno scudiero di Palazzo Chigi.
Si è dimezzata la dispersione scolastica all'istituto tecnico Morano del Parco Verde (rimesso a nuovo grazie ai 250mila euro di fondi del Pnrr sapientemente spesi dalla dirigente Eugenia Carfora), il decreto Caivano che ha introdotto il «Daspo urbano» per allontanare le gang dal quartiere ha scatenato l'ira di Garante e Radicali, il testo per Consulta e Csm solleva dubbi, dicono che il boom di minori sia «colpa» del decreto, come se il termometro fosse responsabile della febbre che la politica ha deciso di curare. Un'ipotesi che il Dap respinge al mittente, quella sul sovraffollamento, con il Guardasigilli Carlo Nordio che promette: «Sarà sempre più difficile entrare in cella prima della sentenza definitiva». Dal palco tuona anche don Luigi Merola, ex parroco di Forcella e fondatore dell'associazione A voce de creature: «In Italia 13 anni don Matteo e nessuno si è fatto prete, sei anni di Gomorra e sono diventati tutti camorristi».
Ce l'ha con Mare fuori e Gomorra, la Colosimo rincara la dose contro «i professionisti dell'Antimafia» e annuncia un dossier al veleno sulle stragi del 92-93 e sul dossieraggio dell'ufficiale Gdf Pasquale Striano che lambisce l'ex capo della Dna Federico Cafiero de Raho. A proposito di antimafia di piazza o da salotto