Tutto sembra pronto per il passo successivo contro Alexei Navalny: la conversione in detenzione vera, cioè in tre anni e mezzo di carcere, della pena a cui l'avvocato era stato condannato per appropriazione indebita nel 2014 e che era poi stata sospesa. È la strategia delle autorità russe per tenere in cella il leader anti-Putin, arrestato due settimane fa, appena rimesso piede in Russia dalla Germania. Ed è anche un chiaro segnale da parte di Mosca ai suoi sostentori, dopo le proteste in tutto il Paese per la scarcerazione del blogger, che domenica hanno portato a oltre 5mila arresti.
L'udienza sul caso Navalny si terrà oggi ma l'ufficio del procuratore generale ha reso noto già ieri il suo sostegno alla richiesta, inoltrata dal Servizio penitenziario federale, di convertire la condanna sospesa di Navalny per il caso «Yves Rocher» del 2014 in una detenzione effettiva. L'accusa? Violazioni multiple della libertà vigilata. Le circostanze: Navalny a dicembre si trovava ancora in Germania dove era volato per curarsi in seguito all'avvelenamento da novichock avvenuto in Russia ad agosto e a causa del quale era entrato in coma. Il processo per una presunta truffa alla società francese di cosmetici Yves Rocher è stato considerato «politicamente motivato» dalla Corte Europea dei diritti dell'Uomo. Navalny, ancora in fase di convalescenza, non aveva raccolto l'ultimatum del servizio penitenziario, che il 28 dicembre gli intimava di presentarsi dal giudice di sorveglianza entro 48 ore.
La repressione anti-Navalny si muove dunque nella direzione più plateale e punitiva: il carcere di lungo termine per il dissidente russo. Che rischia altri 10 anni di carcere per un'altra accusa: aver speso per fini personali circa 3,9 milioni di euro raccolti dalle sue organizzazioni non-profit, compresa la Fondazione Anticorruzione che tante volte ha messo in imbarazzo il presidente Vladimir Putin e i suoi più stretti alleati. Tutto ciò proprio nelle stesse ore in cui Kira Yarmish, la sua portavoce, è stata messa agli arresti domiciliari fino al 23 marzo per violazione delle norme sanitarie anti-Covid nelle manifestazioni non autorizzate di una settimana fa a Mosca. Stessa sorte toccata al fratello di Navalny, Oleg, e a decine di collaboratori. E così anche dopo che la moglie del leader anti-Putin, Yulia, è stato costretta a pagare una multa di 20mila rubli (circa 210 euro) per le proteste di domenica, quando è stata arrestata per qualche ora insieme a migliaia di altri manifestanti che chiedevano la scarcerazione del marito, ideatore dello slogan: «Votate per tutti tranne che per Russia Unita», il partito di Putin.
D'altra parte il Cremlino ieri è stato esplicito. «Con teppisti e provocatori non c'è dialogo possibile, la legge va applicata in modo severo», ha dichiarato il portavoce, Dmitri Peskov, che ha derubricato la repressione russa e rimarcato la «condotta aggressiva nei confronti delle forze dell'ordine». Per Mosca la polizia ha agito «in modo duro ma nell'ambito della legge». E c'è di più.
Un attacco frontale durissimo dall'ex presidente russo, oggi vice presidente del Consiglio di sicurezza russo, Dmitry Medvedev, che ha definito Navalny una «canaglia politica» i cui tentativi per raggiungere il potere stanno diventando sempre più «cinici e spregiudicati».
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