Commentare i sondaggi politici è sempre un esercizio periglioso e sdrucciolevole, perché, come diceva il fondatore della mass mediologia, Marshall Mc Luhan, «funzionano più come organismi educativi che come enti di ricerca». Inoltre ultimamente si sono rilevati affidabili come le interiora degli animali consultate dagli antichi. Ciò nondimeno, anche se tutti i leader politici confessano di non fidarsene, sono influenzati assai dai loro andamenti. Solo che spesso inseguono l'ultimo mentre sono gli stessi sondaggisti a dirci che quel conta è la tendenza spalmata su un anno e persino due. Quindi poco è utile, se non a scopo propagandistico, brandire l'ultima rilevazione, ad esempio quello Ipsos, che ci parla di un crollo al minimo storico recente della Lega dopo le giornate quirinalizie. Serve piuttosto consultare la serie a partire dall'ultimo voto politico nazionale, le Europee del 2019. E cercare di rispondere a due interrogativi: il primo, stare al governo per i partiti del centro-destra, è un vantaggio o no? Il potere logora chi ce l'ha o chi non ce l'ha? E, seconda domanda, come si può espandere il voto complessivo di quell'area? Per rispondere alla prima, sembrerebbe che gran parte degli elettori di centro destra siano governativi, desiderino i loro partiti nell'esecutivo. La Lega al 34% era nel governo giallorosso, ma un anno dopo, nel luglio del 2020, era già crollata di dieci punti. Poi ha continuato a scendere e anche rientrare in un esecutivo, con Draghi, le è servito a poco. Al contrario Forza Italia, da quando esiste il governo Draghi, ha invertito il trend declinante, e nell'ultimo sondaggio Ipsos ha superato il risultato dell'Europee, quasi toccando il 10%. Quale lezione trarne? Se l'elettorato di centro-destra apprezza i propri rappresentanti in ruoli di governo, essi ci devono stare senza tentennamenti, con convinzione, decisione, anche sfidando l'impopolarità. Che poi arriva solo se la temi: di fatto il partito di lotta e di governo di Salvini scende, il partito di governo, anzi iper governativo, di Berlusconi, sale. E certamente ha pesato anche il diverso rapporto con l'emergenza pandemica: Forza Italia ha fornito evidentemente maggiori garanzie. Quanto alla seconda domanda: stare fuori dal governo ha giovato a Fratelli d'Italia ma il grande balzo, dal 6,5% delle Europee al 18%, Meloni l'aveva intrapreso stando all'opposizione sì, ma del governo giallorosso. E prendendosi i voti in fuga dai leghisti: quello che la Lega perde finisce in Fdi, come due vasi comunicanti. Questo ci fa anche pensare che esista una minoranza di elettorato del centro-destra con caratteristiche massimalistiche, per usare un termine della storia della sinistra: e che considera chiunque vada al governo un traditore. La rapida crescita di Salvini e il suo sgonfiamento servano da lezione. Rincorrere i massimalisti «neri» è pagante finché stai all'opposizione ma diventa un'arma a doppio taglio il giorno che decidi di entrare al governo. Ne deduciamo che dal bacino di destra-destra l'alleanza, ammesso esista ancora, difficilmente potrebbe crescere mentre è più probabile che possa muoversi al centro, dove l'elettorato è maggiormente in cerca di rappresentanza.
Forse le elezioni non si vincono stando al centro ma trionfa certo chi riesce a portare con sé l'elettore centrista, cioè non particolarmente ideologizzato e piuttosto pragmatico: Berlusconi c'è sempre riuscito. Altri vedremo.
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