Riscossore evasore, ultimo paradosso italiano

La galleria dei personaggi all'italiana si arricchisce di una nuova maschera: l'esattore moroso evasore con se stesso

Riscossore evasore, ultimo paradosso italiano

La galleria dei personaggi all'italiana si arricchisce di una nuova maschera: l'esattore moroso evasore con se stesso. Antonio Fiumefreddo è il numero uno di Riscossione Sicilia che qualche mese fa rivelò una verità inimmaginabile: prima di lui la società negli anni aveva accumulato 50 miliardi di euro di crediti, di cui 33 ormai impossibili da riscuotere. Roba che cancelli il debito pubblico siciliano e ti restano pure i soldi per un vassoio di cannoli. Oggi si scopre che Fiumefreddo ha un debituccio con la società che guida di 28mila euro e che ha smesso di pagare perché voleva rottamare la sua cartella. Pirandello ci avrebbe scritto una storiella senza neanche sforzarsi di trovare un'ambientazione diversa dalla sua Sicilia. Era suo diritto come contribuente vessato dal fisco smettere di pagare il debito, in attesa che qualcuno (cioè lui) valutasse se la rottamazione della cartella fosse cosa buona e giusta. Ma nessuno doveva saperlo, nella Sicilia omertosa. E però qualche spione ha hackerato la sua password, è entrato nella sua pratica, ha scoperto l'arcano e l'ha spifferato alla Trinacria tutta. Che scorno, ma anche no.

Benvenuti a Paradossiland, dove la Cgil difende il diritto al posto fisso per i giovani e raccoglie le firme contro i voucher ma viene scoperta ad averli allegramente usati. E alle maestranze usate a cottimo come sotto i peggiori padroni non resta che sperare nel lavoro nero. D'altronde, qui controllori e controllati fanno ammuina, basti pensare ai magistrati che diventano capo di gabinetto di un ministro poi tornano alla loro scrivania di cacciatori di politici arraffoni, senza neanche un anno sabbatico. Questo è il Paese dove un procuratore va in pensione dopo aver indagato sull'Ilva e (solleticato dai partiti, per carità) appena dismessa la toga si candida a sindaco di Taranto. Circostanze inimmaginabili prima di Tangentopoli, quando i giudici parlavano solo per sentenze e poi sparivano nell'oblio.

Se la politica è l'arte dell'impossibile è anche vero che i grillini duri e puri sono impantanati tra le Procure e che il Pd moralizzatore ha più indagati che iscritti. C'è persino un ministro del Lavoro che dice una cosa giusta - per lavorare serve una rete di contatti - ma usa la metafora sbagliata. Dovrebbe dimettersi perché i disoccupati aumentano, invece è ancora lì come la collega di governo Marianna Madia, accusata di aver copiato la tesi di laurea, che minaccia querele senza scomporsi né tantomeno dimettersi.

E il ministro dell'Istruzione Valeria Fedeli? Ha millantato una laurea mentre avrebbe dovuto vantarsi di aver lavorato nel sindacato anziché studiare, una specie di reato nell'Italia dei dottori a ogni costo, dove la sinistra governa senza passare dalle urne. E gli unici che hanno preso i voti sono i preti.

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