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Primi voti al governo Pd-5S: cresce il partito dell'inciucio

Il Capo dello Stato incontra istituzioni e forze politiche per trovare una soluzione alla crisi: nuovo governo o ritorno alle urne?

Primi voti al governo Pd-5S: cresce il partito dell'inciucio

Con Conte dimissionario, ora tocca a Sergio Mattarella fare da arbitro e decidere se e come proseguire la legislatura. A lui, infatti, spetta ora il compito di dare a un nuovo premier l'incarico di formare un governo o sciogliere le Camere e rimandare tutti a elezioni anticipate.

La prima giornata di consultazioni sembra però aver già aperto la strada a un "inciucio" giallorosso: mentre pure il segretario Pd, Nicola Zingaretti, ha teso la mano ai 5 Stelle, i gruppi minori hanno confermato il via libera a un governo di legislatura che permetta di non tornare alle urne e rimetta mano ai provvedimenti più contestati (decreto Sicurezza e legittima difesa in primis).

La palla comunque è in mano al Presidente della Repubblica che oggi ha ascoltato istituzioni e forze politiche per capire quale strada intraprendere. A partire dalla presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati che dà così il via alle consultazioni. Un colloquio durato circa un quarto d'ora al termine del quale la seconda carica dello Stato ha lasciato il Quirinale senza rilasciare dichiarazioni.

Dopo di lei è stato il turno del presidente della Camera, Roberto Fico, che si è intrattenuto con il Capo dello Stato all'incirca mezz'ora. Anche lui - come da prassi - non ha preso la parola nella sala stampa. Il presidente emerito Giorgio Napolitano è stato invece sentito al telefono in quanto non è a Roma.

Solo dopo aver consultato le prime cariche istituzionali, Mattarella accoglie nella loggia della Vetrata le forze politiche, tradizionalmente sentite da quella con meno parlamentari a quella più rappresentata. Oggi al Quirinale sono arrivate quindi le Autonomie del Senato (che si sono dette "disponibili ad appoggiare un nuovo governo di stampo europeista") e i gruppi misti delle due Camere.

In particolare quelli del Senato denunciano di essere stati tagliati da ogni trattativa e lanciano l'allarme sulla legge elettorale: "Così come stanno le cose alle prossime elezioni si presenteranno solo 5 partiti: Pd M5s, Lega, Fi e Fdi. Gli altri non si potranno presentare", ha detto Emma Bonino, "Il nuovo governo dovrà fare ma anche disfare alcune delle più inaccettabili leggi prese: decreto sicurezza bis, sperpero dei fondi pubblici. Serve un governo del fare e del disfare".

Opinione simile a quella del misto della Camera che però avvisa: "Non voteremo un qualsiasi governo", dicono unanimi i sette parlamentari. "Portare il paese a elezioni subito è un'opzione irresponsabile, il Presidente Mattarella ha detto che c'è una chiamata alla responsabilità politica per il parlamento", ha aggiunto Beatrice Lorenzin, chiedendo un governo di legislatura che si basi su "un programma condivisibile".

Infine è toccato a Liberi e Uguali, che - per voce del capogruppo Federico Fornaro - ha spiegato di essere "indisponibile" a soluzioni tampone, ma di approvare "un governo politico che affronti le questioni importanti". "Un governo politico di svolta che abbia ai primi punti lavoro, lotta a precarietà e disuguaglianze economiche".

Domani toccherà ai gruppi più consistenti: alle 10 Fratelli d'Italia, alle 11 il Pd, alle 12 Forza Italia, alle 16 la Lega, alle 17 il M5S. A quel punto Mattarella avrà quindi in mano i primi elementi per capire quali possibili sbocchi dare alla crisi.

E potrebbe già chiamare al Colle un eventuale personalità che - stando ai colloqui - potrebbe avere l'incarico di formare un nuovo governo.

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