Cronache

Il ritorno di Carola Rackete: "In Ue razzismo strutturale"

La capitana della Sea Watch che sbarcò a Lampedusa dopo aver forzato il blocco attacca la politica europea

Il ritorno di Carola Rackete: "In Ue razzismo strutturale"

Europa assassina che vuole affogare i migranti, ovviamente razzista, accusa che va sempre più di moda e «fortezza» da abbattere per fare arrivare tutti quelli che lo desiderano dall'Africa compresi i contagiati. Carola Rackete è tornata a pontificare, un anno dopo la forzatura del blocco e lo sbarco dei migranti a Lampedusa schiacciando contro la banchina un'imbarcazione dalla Guardia di finanza. L'anniversario è l'occasione per sparare a zero contro l'Unione europea compresa l'Italia. Le Ong estremiste continuano a fare quello che vogliono, nessuno le ferma e ogni tanto rispuntano le eroine dei talebani dell'accoglienza come Carola.

La capitana Rackete non voleva rilasciare interviste per l'anniversario della forzatura del blocco a Lampedusa, ma ha parlato con l'agenzia di stampa tedesca Dpa. Secondo la capitana di Sea Watch 3, la stessa nave che ci ha portato 28 positivi al Covid-19, i migranti continuano a morire nel Mediterraneo «perché l'Unione europea vuole che affoghino». L'Europa assassina lo farebbe «per spaventare chi intende intraprendere gli attraversamenti». Ovviamente i paesi europei stanno sfruttando la crisi provocata dal coronavirus e la valanga di morti per «mettere da parte i diritti umani e per smettere di rispettare la legge del mare». In pratica non solo dobbiamo accogliere a braccia aperti tutti, ma pure i contagiati. «Malta, in primo luogo, ma anche altri stati europei, tra cui la Germania, stanno usando la pandemia come scusa», secondo l'irriducibile tedesca. Nel mirino c'è pure l'Italia, che l'ha graziata: «Devo sottolineare ancora una volta che, nonostante sia al potere la nuova coalizione del governo italiano, nulla di fondamentale è cambiato all'interno della Ue e alle frontiere esterne. Se c'è stato un cambiamento, le cose sono peggiorate durante l'ultimo anno». La capitana accusa «diversi stati europei, tra cui Spagna, Malta, Italia, Paesi Bassi e Germania, di continuare a ostacolare il salvataggio e il monitoraggio delle missioni via mare e aeree».

E si lamenta pure della magistratura, in gran parte filo Ong: «Nonostante la Corte Suprema italiana (di Cassazione, nda) abbia convalidato la mia decisione di entrare nel porto (di Lampedusa un anno fa, nda) la criminalizzazione del salvataggio in mare continua. Nel mio caso e nelle indagini su altri che agiscono in solidarietà con le persone in movimento».

La chicca del 2020, è la rievocazione in stile Black lives matter, dell'avventura del 29 giugno 2019: «Ho pensato che dovevamo essere in mare non solo per effettuare il salvataggio, ma anche come segno di resistenza contro il razzismo strutturale delle autorità europee». E aggiunge ricordando gli arresti domiciliari una volta forzato il blocco e schiacciato i finanzieri fra la sua nave e la banchina che «come donna bianca, non ho avuto paura per un secondo che la polizia potesse uccidermi durante l'arresto o dopo in cella, come invece è successo a molti neri, anche in Germania. Ed è per questo che dobbiamo agire». L'eroina delle Ong estremiste non ha dubbi: «Il razzismo strutturale è un problema tanto nell'Ue quanto negli Stati Uniti. Se #BlackLivesMatter negli Stati Uniti richiede di tagliare i fondi ai dipartimenti di polizia, di conseguenza dobbiamo chiedere la stessa cosa in Europa con #DefundFrontex». Rackete cavalca l'onda e accusa l'Agenzia per il controllo delle frontiere, che cerca di tamponare il flussi migratori, di «applicare la politica di confine razzista degli stati europei». Nonostante un'Europa buonista e politicamente corretta fino all'assurdo, l'appello della pasionaria è «superare il razzismo strutturale» della Ue. E lancia il grido di battaglia: «Come cittadini europei, dobbiamo interrompere questa politica! Dobbiamo abbattere la fortezza Europa, creata per far morire i poveri».

Neppure una parola sui tre torturatori e stupratori nei lager dei trafficanti libici di esseri umani condannati in maggio a Messina a 20 anni di carcere ciascuno, che erano tranquillamente sbarcati da Sea watch 3 dopo la forzatura del blocco della capitana un anno fa.

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