Rivoluzione al comando della guerra: rimosso Dvornikov, al suo posto Zhidko

Il generale, "il macellaio siriano", sembra sparito da due settimane. Feriti due giornalisti della Reuters, ucciso un volontario francese

Rivoluzione al comando della guerra: rimosso Dvornikov, al suo posto Zhidko

Rotazione o siluramento? Non è chiaro come interpretare la notizia diffusa ieri dal Conflict Intelligence Team, ong investigativa russa: il generale Alexander Dvornikov non sarebbe più al comando dell'operazione militare russa in Ucraina. Al suo posto ecco il generale Gennady Zhidko, ex comandante del distretto militare orientale e attualmente viceministro della Difesa di Mosca per gli affari politici.

Da settimane si rincorrono voci su un possibile esautoramento di Dvornikov, veterano pluridecorato con esperienze di comando nelle operazioni in Cecenia e Siria, e secondo il New York Times il fatto che il generale non compaia in pubblico da un paio di settimane non farebbe che confermare le indiscrezioni. Eppure appare strano questo avvicendamento nel momento in cui la macchina da guerra russa è tornata a girare dopo un inizio pieno di errori, sconfitte, strafalcioni tattici e strategici. Eppure a Mosca non sembrano soddisfatti di una guerra che doveva essere lampo e si è invece trasformata in un pantano che potrebbe durare mesi se non anni e che è già costata alla Russia la morte di oltre 30mila soldati in cento giorni. Già numerosi generali e alti ufficiali russi sono stati rimossi quando addirittura non arrestati dall'inizio della guerra. Ma qui parliamo del numero uno della guerra. Anche se secondo quanto suggerisce l'analista Ruslan Leviev del Conflict Intelligence Team, la rimozione di Dvornikov potrebbe anche essere legata a un normale «processo di rotazione» dei vertici operativi delle forze armate, «come quello visto in Siria». Del resto lo stesso Dvornikov era stato posto al comando delle operazioni militari in Ucraina ad aprile. Dvornikov, 61 anni, è noto per la brutalità delle sue campagne militari, grazie alla quale si è guadagnato l'appellativo di «macellaio della Siria».

Intanto due giornalisti sono rimasti feriti in un raid nei pressi di Severodonetsk, la città che negli ultimi giorni è stata il cuore degli attacchi più violenti da parte dei russi. L'automobile su cui viaggiavano i due reporter, che stanno seguendo la guerra per conto della Reuters, è stata colpita dalle bombe sganciate da un drone ucraino contro un convoglio di auto con targhe civili, di cui facevano parte anche reporter russi di Russia Today. L'autista della vettura è rimasto ucciso.

Finora sono otto i giornalisti morti in servizio durante la guerra in Ucraina. L'ultimo è stato appena pochi giorni fa il trentaduenne freelance francese Frédéric Leclerc Imhoff, inviato del canale francese Bfm-tv, ucciso dalle schegge di una granata che hanno perforato i vetri blindati dell'auto su cui viaggiava per seguire l'evacuazione della città del Lugansk. L'autoproclamata repubblica popolare del Lugansk considera il reporter in realtà «un mercenario che consegnava armi». «Non lo qualificherei come un giornalista visto che le sue attività erano probabilmente di un altro tipo. È assolutamente chiaro che fosse complice delle forze di estrema destra ucraine», aveva detto un ufficiale della milizia filorussa. Secondo i calcoli resi noti qualche giorno fa dall'Istituto per i mass media di Kiev, altri 22 giornalisti sarebbero morti non in servizio e sarebbero stati compiuti non meno di 280 crimini contro la stampa. Poi ci sono 9 feriti, 15 scomparsi, un numero imprecisato di minacce e attacchi informatici contro giornalisti e media e 113 redazione poste sotto sequestro dai russi.

E a proposito di volontari, ieri un altro francese impegnato in Ucraina è rimasto ucciso nei combattimenti.

Lo ha reso noto il ministero degli Esteri di Parigi. «Abbiamo appreso la triste notizia - ha fatto sapere il Quai d'Orsay - che un francese è stato ferito a morte nei combattimenti in Ucraina. Facciamo le nostre condoglianze alla famiglia».

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