
Un danno economico, politico-diplomatico e un'offesa alla Storia. Ecco cosa sarebbe per l'Italia la revoca, chiesta dalla piazza di sinistra, del Memorandum con Israele. Per l'opposizione sarebbe stato rinnovato automaticamente per altri cinque anni lo scorso 8 giugno, per il governo la decorrenza è il 13 aprile 2026.
Dallo scoppio della guerra a Gaza del 7 ottobre 2023 l'Italia ha già ridotto notevolmente gli scambi, come ha ribadito alla Camera il ministro della Difesa Guido Crosetto, citando la legge 185 del 1990. Il Memorandum è stato un'intuizione del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi nel giugno del 2003. Fonti ufficiose stimano tra 4,2 e 5,8 milioni di euro, in 212 operazioni di export, il controvalore delle armi vendute a Israele nel 2024. Un dato in picchiata rispetto al 2023 (12,3 milioni) e al 2022 (16,8) che da ragione a Crosetto.
La provincia italiana dalla quale sarebbero partite più "armi e munizioni" verso Israele nel 2024 è Viterbo, per quasi tre milioni di euro, poi Lecco (1,4 milioni, in prevalenza dalla Fiocchi munizioni) e Brescia con la Beretta (609mila euro). Difficile conoscere il dettaglio. Solo l'11% non è classificato per le clausole di segretezza consentite dalla legge 185/1990. In passato abbiamo venduto a Israele 12 elicotteri AW 119 Koala della Leonardo Spa e 4 cannoni navali da 76mm Super Rapid, prodotti rispettivamente a Vergiate (Va) e La Spezia, a cui si aggiunge una cooperazione stabile nel programma degli aerei F-35 e del jet di addestramento della Alenia Aermacchi M-346 Master. L'anno scorso secondo fonti della Difesa un grosso affare si è registrato con la vendita di spolette elettriche serie ID260 e di sensori di prossimità 980 Lapf (Low altitude proximity fuze). Materiale che arriva in gran parte dall'ex centro di Anagni della Simmel difesa, finanziato dalla Ue nel piano Asap (Act in support of ammunition production) e da un anno in mano alla Knds Ammo Italy, azienda franco-tedesca che controlla anche lo stabilimento di Colleferro dove si producono propellenti, esplosivi, spolette e componenti per missili.
L'Italia vende armi a 90 Paesi (erano 83 e 82 nel 2023 e 2022) con 2.569 operazioni (erano 2.101 nel 2023). Al vertice dell'export militare c'è Leonardo SpA (27,67 %), Fincantieri SpA (22,62 %), Rheinmetall Italia SpA (6,60 %) e Mbda Italia S.P.A. (6,25 %) che da sole rappresentano i due terzi del mercato. Dietro l'Indonesia, che ha speso oltre un miliardo per la licenza di nuove navi prodotte da Fincantieri, ci sono la Francia (591 milioni), la Nigeria (480 milioni), il Regno Unito e la Germania.
Nei primi tre mesi del 2025 sarebbero partiti verso Tel Aviv sistemi d'arma e tecnologie militari tra cui droni, radar e componenti per uso bellico per circa 128mila euro. Numeri infinitesimali se paragonati a quelli tra il 2019 e il 2023, prima del Covid e fino all'orrore di Gaza, quando l'export con Israele valeva in tutto 26,7 milioni di dollari. La Difesa ha chiesto al Parlamento la ratifica dell'acquisto di radar e altri apparati elettronici prodotti dalla Elta Systems controllata dal colosso di Stato Israel Aerospace Industries. Tecnologie per convertire la flotta Gulfstream G500 dell'Aeronautica in aerei spia per la guerra elettronica.
Briciole rispetto ai numeri che arrivano dal Medioriente. L'anno scorso abbiamo comprato da Israele, uno dei maggiori esportatori di armi al mondo, materiale bellico per quasi 17 milioni di euro, finiti a una sola provincia interessata o quasi, Parma con 16,1 milioni di euro. L'industria israeliana è dominata da altri due grandi aziende, la Elbit Systems e la Rafael. Tel Aviv ha venduto armi per 14,795 miliardi (+13%) nel 2024. L'Ue è il principale mercato con il 54% dei contratti, soprattutto sistemi di difesa aerea (pari al 48% del totale) come Arrow 3, acquistato dalla Germania per 4 miliardi, sistemi di cyber-security come lo spyware Paragon (al centro della polemica sui giornalisti spiati), sistemi radar, lanciarazzi, droni, aerei spia e con equipaggio, lettori ottici. Le esportazioni di armi da Israele hanno raggiunto un livello record di oltre 14,7 miliardi di dollari nel 2024, con un picco agli Stati arabi del Golfo.
Il primo fornitore di armi a Israele sono gli Usa, con il 68% tra aerei da combattimento, missili, bombe guidate e
veicoli blindati, con un giro d'affari di quasi 4 miliardi di dollari l'anno. Al secondo posto c'è la Germania, con il 33%, principalmente fregate e siluri, blindati, camion e armi anticarro. L'Italia incide con meno dell'1%.