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Rubli, 007 e "manine", il Russia-gate leghista è la spy story dell'estate

Intrigo internazionale o parodia di James Bond? Tutto quello che non torna nel caso

Rubli, 007 e "manine", il Russia-gate leghista è la spy story dell'estate

L'ombra del Cremlino, i servizi segreti russi, gli oligarchi, il petrolio, le montagne di rubli, le cimici all'hotel delle spie, le manine nascoste, i doppiogiochisti, l'ombra della Cia. Bisogna ammettere che il Russia-gate in salsa leghista ha tutti gli ingredienti di una appassionante spy story estiva da gustarsi a puntate sotto l'ombrellone. L'ambientazione moscovita e il cocktail di elementi alla James Bond esercitano un innegabile fascino, per quanto la vicenda, se ben analizzata, più che lo 007 di Ian Fleming ricordi le sue parodie italiane degli anni '60, James Tont o Le spie vengono dal semifreddo. Già dalla scelta della location per la riunione segreta, ovvero quel Metropol Hotel che è stato quartier generale dei bolscevichi e poi lussuoso ritrovo per diplomatici occidentali sempre controllato da orecchie in ascolto («Non annaffiate i fiori sennò si bagnano i microfoni» è la leggendaria raccomandazione di una inserviente dell'hotel). Per giunta a cento metri di distanza dal Palazzo della Lubjanka, sede dei servizi segreti russi, edificio che secondo un modo di dire sovietico è «il palazzo più alto di Mosca perché da lì si vede direttamente la Siberia» (cioè i gulag). Insomma il posto giusto per un incontro al riparo da occhi indiscreti.

L'alone di mistero comunque c'è. I due italiani che accompagnano Savoini, di cui finora si conoscono solo i nomi, tali «Luca» e «Francesco». Forse imprenditori nell'orbita dell'«Associazione Lombardia-Russia», presieduta da Savoini, dove è impegnata anche la moglie, Irina Shcherbina, «russa di San Pietroburgo, la città dove Putin si è formato come agente del Kgb» ci tiene a specificare Repubblica per arricchire la sceneggiatura della spy story. Poi ci sono i tre russi misteriosi, quelli al tavolo con i tre italiani. Anche le figure sullo sfondo sono intriganti. C'è l'oligarca Kostantin Malofeev, fedelissimo di Putin, sospettato da Usa e Ue di aver finanziato la guerra in Crimea e la guerra nel Donbass. Confermati i suoi rapporti con Aleksei Komov, rappresentante del Congresso Mondiale delle Famiglie in Russia e creatore del fondo San Bonifacio in cui siedono esponenti del partito di Putin (Russia Unita): appunto Komov è il presidente onorario dell'associazione guidata da Savoini. Ma da qui a montare un Russia-gate sulle chiacchiere, ce ne passa.

Per quanto maldestra e con forte odore di spacconata da bar, nella missione russa del consigliere di Salvini gli interrogativi per tenere alta la suspence non mancano. Chi ha registrato la conversazione all'hotel? A che scopo? Perché ha deciso di renderla pubblica? Perché proprio adesso? E perché attraverso il sito americano BuzzFeed? Anche quest'ultima circostanza è significativa. BuzzFeed non è il Washington Post, ma un sito che mescola gossip, notizie trash su diete miracolose, gallery di foto acchiappaclick, e inchieste. Alcune vere, altre no. E guarda caso proprio sulla Russia. Nel gennaio scorso BuzzFeed scrisse che Donald Trump aveva ordinato al suo avvocato, Michael Cohen, di mentire sotto giuramento al Congresso sulle trattative per costruire una Trump Tower a Mosca. Lo scoop fece subito il giro del mondo, prima di essere però smentito dal procuratore speciale Robert Mueller, ex capo del Fbi, che indagava sul Russiagate. Il fatto che il sito sia americano ha subito ispirato l'ipotesi di una pista a stelle e strisce per spiegare l'origine della notizia. Che sia uno sgambetto della Casa Bianca per colpire la Lega troppo filorussa? In realtà qui si sprecano le ipotesi e le controipotesi, sempre per tenere alta la tensione della spy story. Quindi c'è chi è convinto del contrario, cioè che sia un trappolone dei russi per dare un avvertimento a Salvini, diventato troppo atlantista da quando è al governo, e su posizioni opposte agli interessi di Mosca su troppi dossier (il gasdotto Tap, l'Iran, il Venezuela, la Cina). Ma c'è pure chi vede la «manina dei renziani», e ancora chi pensa che sia invece la stessa Lega che ha fatto uscire l'audio. Perché? Per rendere nota l'inchiesta già avviata dalla Procura di Milano. Quando si tratta poi di misteriose ingerenze russe sulla politica italiana, c'è sempre da separare verità da fake news. Ad esempio la storia che ci fossero dei troll russi dietro l'attacco a Mattarella quando mise il veto su Paolo Savona al Mef.

Secondo la Procura di Roma, che sulla vicenda aveva aperto un'inchiesta, la «regia russa» era tutta una bufala.

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