Russia sotto attacco a Belgorod. In azione i partigiani anti-Putin

Incursione in territorio nemico, all'opera la milizia "Freedom for Russia". Istituita la legge sul terrorismo

Russia sotto attacco a Belgorod. In azione i partigiani anti-Putin
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Vendono persino felpe, t-shirt e cappellini su Amazon, pur di raccogliere soldi per finanziare la causa: colpire la Russia dall'interno, un po' come le Farc in Colombia, e detronizzare Putin. Da ieri, partendo dal confine ucraino, sono arrivati a Belgorod, e non si fermeranno. «Freedom for Russia Legion», milizia costituita nel marzo dello scorso anno, sta sparigliando le carte nel conflitto tra Russia e Ucraina. Conta tra i suoi ranghi centinaia di cittadini russi e bielorussi e disertori dell'esercito di Gerasimov. Hanno compiuto le prove generali il 18 maggio a Sinferopoli, nella Crimea occupata, facendo deragliare un treno che trasportava grano (ma è probabile che fossero armi), e da ieri sono diventati la nuova spina nel fianco della Russia. Il gruppo di partigiani, sostenuto anche da una nuova formazione di volontari, è penetrato in mattinata nel territorio russo dalla confinante regione di Belgorod, dove sono in corso scontri con le forze di Mosca. Vyacheslav Gladkov, governatore della regione, punta l'indice su Kiev: «Terroristi e sabotatori delle forze armate ucraine sono entrati nel distretto di Grayvoronsky. Le nostre milizie stanno adottando misure necessarie per eliminare il nemico». Poi annuncia un regime speciale per operazioni anti-terrorismo.

L'Ucraina si smarca da quanto sta accadendo e il rappresentante degli 007 militari, Yusov, così come il segretario di Zelensky, Podolyak, sostengono all'unisono l'estraneità di Kiev. «Sul campo di battaglia ci sono soltanto miliziani russi, persone scontente della situazione, esasperate dai diktat di Putin e dalle sanzioni imposte dall'Occidente». Scopo dell'operazione, aggiungono, è «creare una fascia di sicurezza» in territorio russo. Il riferimento alle sanzioni non è casuale, perché merchandising a parte, i partigiani sono finanziati da alcuni oligarchi anti-Putin trasferitisi a Dubai, come il miliardario Ilja Ponomarev, ex rappresentante della Duma. Le operazioni militari vengono coordinate dal capitano Anatoly Semekin, ex combattente delle forze aeree di Mosca. E sono state rivendicate con messaggi su Telegram: «Cittadini della Russia, siamo russi come voi. L'unica differenza è che non vogliamo più giustificare le azioni dei criminali al potere e vogliamo che la dittatura del Cremlino finisca. Le prime bandiere di una Russia libera all'alba sulle città liberate», scrivono.

Il Cremlino è convinto, sono le parole del portavoce Peskov, che alla fine si tratti di «un'operazione per distogliere l'attenzione dalla sconfitta subita a Bakhmut». Ci pensa però il solito Prighozin a inchiodare Putin alle proprie responsabilità. Il capo della Wagner si domanda: «Dove erano i militari quando il gruppo di sabotaggio ucraino è penetrato? Nessuno si preoccupa di difendere i confini». Prighozin si riferisce anche ai raid missilistici e di droni dei mesi scorsi su Belgorod, Kursk e Bryansk. Comunque sia, i russi da Belgorod stanno fuggendo. All'uscita della città si sono formati ingorghi stradali di chilometri. Un deposito di munizioni nucleari è stato evacuato dall'area vicino a Grayvoron. I partigiani hanno annunciato di voler proseguire la loro incursione e, dopo aver oltrepassato il centro abitato di Gora-Podol, tentano di dirigersi a ovest, verso Golovchino.

Prosegue intanto il botta e risposta di dichiarazioni tra Kiev e Mosca sulla situazione di Bakhmut. L'Ucraina parla di «città distrutta ma non conquistata», i russi danno per chiusa l'operazione, tant'è che i Wagner si ritireranno dal 25 maggio, consegnando le loro posizioni all'esercito regolare di Gerasimov. Sul campo non ci sono sostanziali cambiamenti rispetto a domenica e le forze ucraine continuano a controllare il distretto di Litak, a sudovest. È il 3% di tutta la località, ma lo speaker del gruppo militare orientale parla di «un'avanzata di 400 metri».

Da parte sua Zelensky, in un video pubblicato in serata, ammette

attacchi e perdite anche a Dnipro, Kharkiv, Odessa, Leopoli, Kiev e Zaporizhzhia, ma garantisce l'arrivo di nuove armi dagli alleati, «per poter difendere l'Ucraina dal cielo, sul campo e via mare in maniera definitiva».

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