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Rutelli loda Renzi: "È un mio allievo"

L'ex sindaco di Roma: "Nella Margherita apparteneva alla corrente dei rutelliani. L’ho seguito da quando è diventato presidente della provincia di Firenze e l’ho anche aiutato a diventare sindaco. Aveva un’ambizione eccezionale"

Rutelli loda Renzi: "È un mio allievo"

"Renzi è un mio allievo". Francesco Rutelli lo ammette quasi gongolando. E in una intervista a Libero spiega: "Renzi nella Margherita apparteneva alla corrente dei rutelliani. L’ho seguito da quando è diventato presidente della provincia di Firenze e l’ho anche aiutato a diventare sindaco". Cosa vide in lui? "Un’ambizione eccezionale. Una determinazione assoluta. Il suo obiettivo, non dichiarato ma praticato senza scrupoli, è di smantellare la vecchia sinistra in Italia. Il suo disegno è chiaro dal 2009, quando conseguì la prima vittoria battendo Lapo Pistelli e vari candidati di una sinistra divisa alle primarie per il candidato sindaco di Firenze. E poi ha vinto su tutta la linea: primarie del Pd, sostituzione di Letta. Oggi domina in campo libero".

Insomma per Rutelli l’allievo ha superato il maestro: "È bravissimo. Si è infilato in una condizione irripetibile, con la crisi profonda del centrodestra e un Berlusconi indebolito. Ma il suo capolavoro è stata l’emarginazione di Grillo. Come si dice a Roma, gli ha levato la sete col prosciutto: più quello faceva il populista, più Renzi si è preso un rapporto diretto col popolo". Sull'esecutivo: "Dietro le quinte del governo Renzi ci sono anche dei super-marpioni della prima Repubblica".

Tuttavia l'ex sindaco di Roma riconosce anche qualche limite: "Matteo ha inserito il Pd nella linea innovativa sulla quale l’avevamo immaginato quando l’abbiamo fatto nascere. Ma è un partito troppo personalizzato. È il grande limite di Renzi e anche un rischio per il Paese: vuole fare tutto da solo. Ghe pensa lü". Tornando al passato e all'operazione centristra del Nuovo Polo per l'Italia Rutelli spiega: "Fu un’intuizione importante, perché anticipò la crisi profonda del centrodestra e l’impossibilità di vincere per un Pd ripiegato sul vecchio filone comunista". Poi bacchetta Monti: "A provocare il fallimento di quel progetto fu l’arrivo del populismo di Grillo e la mancanza di un leader. Monti non lo era.

Il passaggio fallimentare dal Monti tecnocrate al Monti politico è sotto gli occhi di tutti".

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