Sì alla riforma attesa da trent'anni. "Italia più forte, parola ai cittadini"

La nuova giustizia di Nordio approvata al Senato: è legge costituzionale da confermare con il referendum. 112 sì, Italia viva si astiene. Meloni: "È un traguardo storico"

Sì alla riforma attesa da trent'anni. "Italia più forte, parola ai cittadini"
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Centododici voti a favore, 59 contrari e 9 astenuti. La separazione delle carriere, attesa dal 1989 e dall'introduzione del codice accusatorio, è legge. Nell'aula di Palazzo Madama vota a favore la maggioranza, ma dà il suo sì anche Azione di Carlo Calenda, mentre si astengono Italia viva, l'azionista Marco Lombardo e l'autonomista Pietro Patton. I 5 Stelle, il Pd e Avs invece confermano il loro no. E per un attimo è un turbinare di scintille, con lo scontro fra il 5 Stelle Roberto Scarpinato e Maurizio Gasparri, di FI.

"È un traguardo storico - scrive Giorgia Meloni sui social - e un passo in avanti verso un sistema più equilibrato, efficiente e vicino ai cittadini". Di più: "L'Italia - osserva la premier - prosegue il suo cammino di rinnovamento per il bene della nazione e dei suoi cittadini. Perché un'Italia più giusta è anche un'Italia più forte".

Nessuno, solo un paio di anni fa, avrebbe scommesso sullo sblocco di una riforma così contrastata, da sempre nel mirino della sinistra - anche se a tratti il Pd aveva espresso autorevoli posizioni a favore della svolta - e soprattutto della magistratura associata. E invece il centrodestra arriva quasi di volata al traguardo finale del quarto passaggio, quello decisivo al Senato.

Anzi, nemmeno il tempo di festeggiare e già si corre verso il referendum che fatalmente polarizzerà il Paese nei prossimi mesi. Carlo Nordio, il Guardasigilli che ha pilotato questo lungo viaggio, rompe gli indugi: "Noi chiederemo subito, proprio come maggioranza, il referendum perché sappiamo che una materia così delicata va sottoposta al giudizio popolare, al quale noi ovviamente ubbidiremo".

Insomma, Nordio non fa catenaccio, anzi rilancia chiedendo al popolo di pronunciarsi prima possibile. Dunque, non si aspetta che sia il Campo largo a fare la prima mossa, ma la sostanza è che tutti, da una parte e dall'altra, puntano alle urne. Tecnicamente, questa era da tempo la strada più accreditata. La separazione delle carriere è legge, ma il testo non ha raccolto l'irraggiungibile quota dei due terzi alle Camere. Quindi via libera alla consultazione che può essere richiesta da 500 mila cittadini, cinque consigli regionali, un quinto dei componenti di ciascuna Camera. E sarà quest'ultima la via da seguire. Quel che conta però è un altro dato: ci sarà una campagna elettorale durissima, per il sì e per il no, che spaccherà il Paese. E poiché per il referendum confermativo non c'è quorum, vincerà chi prenderà un voto in più. Meloni ha già detto in tutti i modi che non legherà la propria permanenza a Palazzo Chigi al risultato, ma è chiaro che una sconfitta farebbe scricchiolare la coalizione di governo, così come un insuccesso darebbe un ulteriore colpo alle opposizioni.

La data sarà fissata più avanti, ma le caselle sul calendario sono quelle comprese fra la fine di marzo e aprile.

Intanto, l'architettura del sistema giudiziario italiano cambia. Nascono due Csm e i pubblici ministeri si staccano dai giudici, sposando finalmente la filosofia alla Perry Mason del nuovo codice di procedura penale. Al Csm si entrerà per sorteggio, mettendo così fine agli scambi di favore fra le correnti. Infine, altro punto importantissimo: nasce l'Alta corte, fuori dal perimetro di Palazzo dei Marescialli. E va in soffitta la vecchia Sezione disciplinare che troppo a lungo aveva chiuso un occhio sulle mancanze, a volte gravissime, delle toghe.

Per Matteo Renzi, che si astiene, "la montagna ha partorito il topolino".

Ma non è così, come dimostrano i toni infuocati che hanno accompagnato tutte le fasi della discussione parlamentare. Molti temi, di grande importanza, verranno definiti con successiva legge ordinaria, ma ora tutti già guardano alle urne.

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