Sì alla severità ma con buon senso

Sì alla severità ma con buon senso

Leggi e delibere amministrative si rispettano e, quando si ritiene che non vadano più bene, si cambiano attraverso gli organismi rappresentativi popolari. Il «fai da te» nell'applicazione delle normative è un esercizio truffaldino, talvolta patetico nelle sue interpretazioni. A Lodi accade un fatto emblematico della situazione politica che stiamo vivendo, in merito alla regolamentazione dei flussi immigratori. Superfluo riassumere in quali condizioni si trovasse la tutela dei nostri confini di fronte all'immigrazione clandestina prima che il ministro Salvini prendesse quei provvedimenti tanto osteggiati dall'Europa. E superfluo riassumere le reazioni politiche che essi hanno suscitato. Ciò che adesso si riscontra è una nuova battaglia ideologica tra buoni e cattivi, sul problema dell'immigrazione, in cui a farne le spese è la razionalità necessaria per affrontare quel problema. Manifestazioni in stile sessantottesco per inneggiare o criticare il sindaco di Riace, altrettante manifestazioni nel prendere posizione a favore o contro le decisioni del sindaco di Lodi. Era inevitabile che i sindaci si trovassero sulla barricata eretta dalle proprie decisioni, perché sono loro che concretamente, giornalmente, hanno a che fare con i problemi immediati dei loro cittadini. L'approccio ideologico alle questioni, proprio in queste circostanze, fa prendere delle cantonate, che poi vengono utilizzate politicamente in modo propagandistico. Cosa c'è di più corretto in un Paese di profonde scorrettezze fiscali che verificare con precisione il reddito del cittadino affinché esso possa beneficiare (o meno) di agevolazioni economiche, pagate - si badi bene - dall'intera comunità? È evidente che più il controllo è efficace e meno ingiustizie si compiono. Ma una volta portato al limite delle possibilità oggettive la verifica delle situazioni da indagare, deve poi intervenire il buon senso se non si è raggiunta l'esattezza richiesta. E questo è il caso di Lodi, dove lo zelo della sindaca si è sviluppato oltre ai limiti che hanno finito per danneggiare la sua più che giusta volontà di amministrare con correttezza il denaro pubblico, nel concedere la gratuità della mensa ai bambini di famiglie disagiate. Ma chiediamoci da dove nasce lo zelo della sindaca: evidentemente da un desiderio di portare nel suo Comune quel rigore nei confronti degli immigrati che si riscontra oggi a livello nazionale. Diciamo: un eccesso di zelo ideologico. Ci vuol poco a capire che reperire un documento nel proprio Paese di origine da parte di un immigrato è oltremodo oneroso e complicato, anche se sarebbe corretto che l'amministrazione comunale lo possedesse per non fare ingiustizie. Diventa tuttavia una indiretta ingiustizia, non avendolo, emarginare dalla mensa i bambini. Una brutta soluzione che agli oppositori politici della sindaca fa ideologicamente gridare allo scandalo razzista, perpetrato nel Comune di Lodi.

In ogni caso, sono decisioni amministrative non semplici da assumere, perché da un lato si rischia di cadere nell'interpretazione creativa delle leggi, dall'altro si entra in conflitto con il buon senso, compromettendo le pur giuste intenzioni. E allora? Riportiamo i bambini di famiglie immigrate nella mensa con gli altri bambini: è bello vederli insieme, e dove si coglie bellezza generalmente non si sbaglia mai.

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