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"Saggio invitare tutti i capigruppo. Il secondo mandato sarà meno bello"

L'analisi dell'ex senatore dello Scudocrociato: "Quasi tutti hanno giocato male la partita. Vince solo la scuola politica Dc"

"Saggio invitare tutti i capigruppo. Il secondo mandato sarà meno bello"

A 24 anni segretario della Gioventù Dc, ad appena 28 parlamentare. Pupillo del segretario Ciriaco De Mita, l'ex enfant prodige Renzo Lusetti è dirigente d'azienda e formalmente fuori da anni fuori dalla politica. Che però continua ad osservare, con una certa desolazione: «Nella partita del Quirinale hanno giocato male quasi tutti: non c'era una regia, un piano, dei leader, non c'erano punti di riferimento. Soprattutto non c'erano i partiti, che ai miei tempi avevano un ruolo di forte indirizzo in Parlamento. Ora c'è solo una somma di piccole cordate e di singole ambizioni. E infatti, alla fine, prevale l'unica scuola politica residua...».

Parla della Dc?

«La Dc non c'è più, certo. Ma ci sono ancora i democristiani, e la loro esperienza. Non a caso alla fine lo spareggio è stato tra due di loro: Casini e Mattarella».

Come lo spiega?

«Era una scuola di politica con la P maiuscola, e non lo dico da nostalgico. Io sono diventato deputato da giovanissimo, ma nella Dc la politica la studiavamo, la imparavamo sul territorio, avevamo maestri e un punto di riferimento fortissimo di pensiero nel cattolicesimo democratico. Ora questi arrivano in Parlamento dal nulla assoluto, con zero esperienza e cultura istituzionale».

Una pagella dei leader: chi si è mosso meglio?

«Senza dubbio Matteo Renzi, il più sveglio di tutti. Ha avuto naso fin dall'inizio, ha capito a ogni tornante dove si andava a parare e ha saputo sventare le trappole, come sulla candidatura Casellati».

Enrico Letta?

«Ha fatto quel che poteva ed è riuscito a perdere meno di tutti, in una situazione difficile. Non a caso sia lui che Renzi sono di scuola Dc, sia pur di diverse tendenze».

Salvini?

«Ha perso più di tutti, facendo tutto da solo e cambiando linea ogni due ore. Senza timone».

Conte?

«Lasciamo perdere, non classificato».

Meloni?

«Non ne esce per nulla bene, dimostrando i suoi limiti. Aveva un solo disegno, arrivare a elezioni anticipate e neppure mezzo piano B».

Casini?

«Da candidato si è mosso con prudenza e notevole garbo istituzionale. Del resto, anche lui è della grande scuola Dc».

Mario Draghi non lo è.

«Certo, ma alla fine si è dimostrato il più politico di tutti. Un fuoriclasse, con enorme credibilità, e alla fine ha saputo intestarsi la mossa di chiedere il bis a Mattarella e dare il via libera ai partiti di maggioranza».

E infine, Mattarella...

«Una mossa saggia da Dc quella di invitare i capigruppo, come a dire che è il Parlamento a chiedergli un bis che non aveva intenzione di fare.

Anche perché sa bene che il secondo mandato è molto meno bello del primo, come insegnano tante esperienze, da Mitterrand a Napolitano».

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