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Licenziamenti, paghe ridicole e ipocrisie: scandalo Cgil

Landini tuona sui 9 euro, ma sigla accordi ben al di sotto della soglia. E ai dipendenti cacciati non risponde neppure

Licenziamenti, paghe ridicole e ipocrisie: scandalo Cgil

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Salario minimo, ipocrisia Cgil. Rinnovati contratti a 5 euro

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Sul salario minimo Maurizio Landini predica bene ma razzola male. E non guarda in casa propria, cioè in quel sindacato che ultimamente sta facendo parlare di sé non tanto per le lotte a tutela dei lavoratori quanto per licenziamenti, crisi di rappresentanza e incoerenze. Nell'ultimo anno il segretario Cgil ha più volte tuonato contro il governo. E lo ha fatto sovrastando le critiche delle altre sigle sindacali, più tiepide sul tema. Landini invece no. Come ai vecchi tempi della Fiom, seppur indossando meno la felpa e più giacca e cravatta, ha scandito a piè sospinto le sue richieste. «5-6 euro all'ora sono paghe da fame, inaccettabili». E ancora: «Oggi portare il salario minimo a 9-10 euro all'ora è un tema urgente che va affrontato».

Ma come mai ci sono ben 22 contratti nazionali sottoscritti pure dalla Cgil che prevedono paghe ben inferiori ai 9 euro osannati da Landini? È una domanda che ha trovato poco spazio sui giornali ma che, oltre a essere lecita, palesa una sorta di doppia morale che alberga nel sindacato. Lo scorso 30 maggio, per esempio, è stato rinnovato il contratto nazionale vigilanza privata e servizi fiduciari. E sapete qual è la retribuzione oraria prevista? Circa 5 euro l'ora. Altri esempi? Ci sono gli addetti all'industria delle calzature a 7,9 euro; quelli dell'industria armatoriale a 7,6 euro; quelli dell'industria del vetro e delle lampade a 7,1 euro; gli operai agricoli e i florovivaisti a 7 euro l'ora; gli addetti delle imprese artigiane di pulizia a 8,1 euro.

Ma i paradossi che attanagliano la Cgil non si fermano al salario minimo. C'è un capitolo corposo che riguarda anche il trattamento che il sindacato riserva a iscritti e funzionari storici. In una parola sola: licenziamenti. Ne sa qualcosa Rossella Borrelli, 47 anni di Caserta, licenziata a maggio di quest'anno con una mail ordinaria, seguita poi da una raccomandata. Lei, insieme con altre 5 persone (Giuseppe Maesano, Ornella Diomaiuti, Filomena di Fonzo, Rocco di Resta e Carmine Varone), faceva parte dell'associazione prevenzione sicurezza edile. «Licenziamento per giustificato motivo oggettivo», racconta al Giornale. Dopo 25 anni di lavoro in Cgil. La motivazione è la stessa che ha portato alla defenestrazione dello storico portavoce Gibelli. Quello che cambia sono le storie personali. Rossella ha provato invano a chiedere incontri e spiegazioni ai referenti provinciali ricevendo solo minacce e intimidazioni. «È meglio che stai zitta», «Tu sei femmina, tanto ti mantiene tuo marito», le dicevano. Alla faccia della solidarietà femminile e dell'attenzione alle lavoratrici. Ha inviato lettere e mail alla segreteria nazionale e allo stesso Landini. Nulla. E quando in un incontro pubblico è riuscita ad avvicinarlo, lui ha intimato a lei e ai colleghi di spegnere i cellulari senza fornire spiegazioni. «I sindacalisti si sono comportati come i padroni, essendo vedova con i figli ancora a casa a me hanno tolto l'ossigeno», racconta al Giornale Adriana Petronzi, anche lei licenziata (insieme ad altre 5 persone) nel 2021 sempre a Caserta ed esclusa dal direttivo dopo vent'anni di Cgil e a soli tre anni di distanza dalla pensione. Cambia il luogo ma non la musica. Iginia Roberti è stata mandata via a 56 anni dalla Fillea Cgil di Taranto dopo 35 anni di lavoro. Il tutto nel giro di 24 ore e verbalmente.

Divorziata, un fratello cerebroleso e una mamma con l'Alzheimer, ha inviato anche lei lettere a Landini ma dal sindacato nessun aiuto e nessuna comprensione.

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