C'è anche il gioco tra i settori in lista per la riapertura. Quello legale, naturalmente. Un tipo di intrattenimento discusso, ma che rappresenta una domanda di consumo di massa. E che lo Stato ha deciso da tempo, anche per sottrarlo alla malavita, di regolare e tassare. Né più né meno di consumi come tabacco o alcol. E la maggiore associazione di settore, Acadi (che rappresenta il 70% delle concessionarie), affiliata di Confcommercio, chiede l'equiparazione del settore a quella dei negozi commerciali, in lista per riaprire l'11 o il 18 maggio.
«Con il lockdown spiega Geronimo Cardia, avvocato, presidente di Acadi si è fermato sostanzialmente l'intero comparto del gioco pubblico: sono chiusi i punti di gioco sia nelle sale (bingo, scommesse, dedicate con awp e vlt, o lotterie), sia negli esercizi generalisti. Sono rimasti solo gratta & vinci e la parte on line». Quando parliamo di gioco intendiamo un settore che conta decine di migliaia di imprese che svolgono l'attività in concessione o su incarico dei concessionari. Nel complesso, generano per lo Stato 10 miliardi di entrate all'anno, frutto della tassazione applicata ai 18 miliardi che gli italiani spendono ogni anno nel gioco e che, solo per effetto delle vincite e del loro «reinvestimento», ogni 12 mesi generano oltre100 miliardi di giocate. Quindi, quanto sta costando il lockdown? «Allo Stato - continua Cardia - mancano 750 milioni al mese». Quasi il 90% delle entrate quindi, che in due mesi valgono già 1,5 miliardi. E questo è il primo punto importante. Il secondo è che, con il gioco legale al palo, cresce e torna a prosperare quello illegale. Per questi, che sono dati di fatto (sul boom del gioco illegale circolano stime tassi di crescita marzo-aprile del 150%), Acadi ha pronto il suo piano.
«Con le altre associazioni di categoria - spiega Cardia - abbiamo messo in evidenza che, per caratteristiche strutturali, il gioco legale pubblico presenta elementi equiparati a quelli dei negozi commerciali. Abbiamo garanzie di sicurezza uguali o maggiori: nelle sale esisteva già il controllo all'ingresso, in più abbiamo previsto misure di sicurezza specifiche, validate da esperti, fornitura di protezioni individuali per dipendenti e utenti, percorsi obbligati, dispenser di gel, postazioni separate e igienizzazione immediata del punto gioco». E c'è uno studio pronto: «È un dossier per rappresentare in maniera trasparente al Mef, che vigila sul nostro settore, e all'Agenzia dogane e monopoli, ente regolatore, che comprende schemi operativi e rendering per mostrare come il gioco potrà essere fruito in piena sicurezza. Se riparte il gioco legale, nelle casse dello Stato tornano a entrare 750 milioni al mese».
Per il settore in grande difficoltà sarebbe anche una boccata d'ossigeno: «Il sistema concessorio conta oltre 75mila dipendenti tra concessionari e imprese del territorio. Si tratta di un comparto molto tassato, che era già in crisi, che vale l'1% del Pil, e che con due mesi di lockdown è già andato in rosso nel 2020.
Tanto che nella proposta al governo, Acadi aggiunge anche misure economiche di sostegno: «Oltre al congelamento e rinvio delle imposte sul gioco (che in tempi normali sono versate sempre in larga misura in acconto) servono gli ammortizzatori sociali. Per tornare a portare flussi nelle casse dello Stato il settore va protetto almeno fino a dicembre. Prevedendo poi alleggerimenti della pressione fiscale per restituire respiro ai margini».
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