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S'allarga il caso D'Alema. Perquisito il fedelissimo per le armi alla Colombia

Oltre ai due indagati, nel mirino anche l'ex sindaco di Carmiano: avrebbe fatto da tramite

S'allarga il caso D'Alema. Perquisito il fedelissimo per le armi alla Colombia

Scattano i sequestri e le perquisizioni della Procura di Napoli ad alcuni degli uomini che lavoravano all'affare colombiano, poi saltato, nel quale Massimo D'Alema si sarebbe adoperato per la vendita di armamenti di Leonardo e Fincantieri al governo della Colombia. Un business da 4 miliardi di euro, 80 milioni sarebbero stati il prezzo delle mediazioni, almeno stando alle parole dello stesso ex premier, registrato tre mesi fa a sua insaputa mentre parlava con un mediatore colombiano dei possibili risultati del lavoro: «Noi stiamo lavorando perché? - diceva D'Alema - Perché siamo stupidi? No, perché siamo convinti che alla fine riceveremo tutti noi 80 milioni di euro». D'Alema non aveva alcun mandato ufficiale a negoziare per conto delle aziende di Stato che, nonostante le rigide norme interne sugli intermediari, hanno interloquito con l'ex premier e con il suo team per portare avanti l'affare.

Ora su delega della Procura di Napoli, la Digos ha bussato alle porte degli uomini con cui si sarebbe relazionato l'ex premier. Perquisite le abitazioni e sequestrati i telefoni e altri dispositivi dei pugliesi Francesco Amato ed Emanuele Caruso, 38 e 43 anni, indagati per sostituzione di persona e truffa. Di fatto coloro che avevano fiutato l'affare colombiano, grazie ai contatti di uno dei due nel Paese, e lo avevano portato all'attenzione dell'ex premier per il tramite di un ex sindaco, anche lui pugliese, Giancarlo Mazzotta. Sarebbe stato lui a creare il contatto con D'Alema. Anche Mazzotta, con il figlio Paride, è stato raggiunto da un decreto di perquisizione, ma i due non sono indagati. I rapporti però, scrivono i pm, sono chiari: «È emerso che Caruso sarebbe entrato in contatto con D'Alema mediante Mazzotta, ex sindaco di Carmiano e conoscente del socio Amato, e avrebbe illustrato i loro progetti imprenditoriali a D'Alema, il quale aveva manifestato la propria disponibilità ad avviare un dialogo con le partecipate italiane, verso cui vantava importanti relazione e conoscenze». Insomma, per arrivare alle società pubbliche i due avevano chiesto a Mazzotta di intercedere con D'Alema. Mazzotta poi sarebbe stato vicinissimo all'ex premier anche nella gestione della trattativa. Non solo lui, ma anche il figlio, scrivono i magistrati: «Ai negoziati per la vendita di armamenti al governo colombiano avrebbe partecipato anche Paride Mazzotta, figlio di Giancarlo, che tra l'altro ha postato in rete le foto che documentano il soggiorno in Colombia». I magistrati si riferiscono a un soggiorno a Bogotà, in occasione dell'arrivo di alcuni dirigenti di Fincantieri e Leonardo nell'ambito del potenziale affare. I Mazzotta non sono indagati, i pm contestano invece a Caruso e Amato la sostituzione di persona «al fine di accreditarsi» presso «istituzioni internazionali» attraverso organizzazioni quali l'associazione Polizia Mediterranea e la Camera mediterranea per l'industria e l'impresa, di cui Caruso si qualificava «come segretario generale e Amato responsabile per le relazioni in America Latina. Hanno attribuito falsamente a tali enti - scrivono i pm - il patrocinio dell'Assemblea Parlamentare del Mediterraneo (un'organizzazione internazionale con sede a Napoli ndr) al fine di accreditarsi più facilmente e con maggiori credenziali presso soggetti pubblici e privati esteri creando una situazione di sicuro affidamento dell'interlocutore estero. Appare evidente la finalità truffaldina e volta alla ricerca di ingenti profitti». Erano stati il 5 marzo Gennaro Migliore e l'Ambasciatore Sergio Piazzi in qualità di presidente e di segretario generale dell'Assemblea, a presentare un esposto a Napoli. Caruso si è sempre difeso dalle accuse di falso, sostenendo la correttezza dei documenti. Ora il suo avvocato Raffaele Lorenzo ribadisce «massima collaborazione.

Siamo ancora più sereni nel poter dimostrare l'estraneità ai fatto contestati».

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