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Salta il protocollo d'intesa tra la procura di Patronaggio e la Caritas

Era tutto pronto per la firma dell'accordo che avrebbe visto l'impiego di sei volontari richiedenti asilo negli uffici del tribunale di Agrigento. Ma un cavillo del decreto sicurezza potrebbe far saltare tutto.

Salta il protocollo d'intesa tra la procura di Patronaggio e la Caritas

Bocche cucite in procura, negli uffici del tribunale di Agrigento c’è il solito brusio ed il consueto via vai di gente che dai piani superiori raggiunge l’atrio della struttura, ma nessuno vuole commentare quanto previsto nella giornata di domani. Previsto per l’appunto, ma probabilmente adesso annullato.

Già da alcuni giorni la procura agrigentina, balzata agli onori delle cronache per via dell’inchiesta avviata dal procuratore Luigi Patronaggio contro il ministro Matteo Salvini per l’affaire della nave Diciotti, torna sotto i riflettori ancora per una vicenda in qualche modo legata al fenomeno migratorio. Questa volta però si tratta di un protocollo d’intesa con la Caritas e con l’associazione “Le mani di Francesco” per permettere a sei giovani migranti di lavorare negli uffici della procura. Un tirocinio gratuito, che ha la finalità di favorire l’apprendimento e l’integrazione dei richiedenti asilo in questione.

Il caso inevitabilmente arriva alla ribalta nazionale, forte è la curiosità infatti destata da un’intesa siglata proprio da una procura divenuta famosa questa estate per l’inchiesta nei confronti del titolare del Viminale. Ma adesso tutto questo sembra destinato a saltare. La causa è da ricercare nel decreto voluto dallo stesso ministro indagato inizialmente da Patronaggio, la cui inchiesta oggi è uno dei principali casi politici per via dell’attesa decisione della giunta delle immunità su Matteo Salvini.

Lo si apprende da una nota dell’AdnKronos, in cui si legge che attualmente la procura di Agrigento “sta ancora verificando i requisiti di legge, sia della onlus che dei richiedenti asilo”. In pratica i sei migranti individuati per l’espletamento delle attività in tribunale non avrebbero i requisiti per via proprio dell'introduzione del decreto sicurezza, noto anche come decreto Salvini. Secondo tale nuova norma, soltanto i titolari di protezione internazionale ed i minori non accompagnati possono accedere ai progetti di integrazione e di inclusione sociale. In precedenza invece, potevano farlo anche i richiedenti asilo, proprio come i sei ragazzi in questione.

Chi è in attesa di conoscere il proprio status, non può essere destinatario di programmi come quelli previsti dal protocollo tra procura e Caritas. Per loro si profila o l’espulsione dal territorio italiano se non vengono riconosciuti i requisiti per la permanenza nel nostro paese, oppure l’inserimento all’interno delle strutture denominate “Siproimi”, acronimo di “Sistema di protezione per titolari di protezione internazionale e per minori stranieri non accompagnati”.

Si tratta in poche parole delle strutture conosciute come Sprar prima dell’entrata in vigore del decreto Salvini. Il dossier del Viminale riportato dall’AdnKronos, chiarisce il fatto che la “protezione internazionale prima del Dl sicurezza è riconosciuta sulla base della generica previsione di seri motivi di carattere umanitario dai contorni indefiniti”, oggi invece è concessa “in presenza di ben definite circostanze”. Chi è in attesa di sapere il proprio giudizio, ha il diritto ad essere ospitato nelle strutture d’accoglienza con l’assistenza essenziale. Ma non può prendere parte a programmi di inclusione ed integrazione, questi semmai possono partire una volta riconosciuto il diritto alla protezione.

In base a tutto ciò, sembra quindi assodato che il protocollo da parte della procura con la Caritas non dovrebbe essere firmato e martedì mattina, presso gli uffici del tribunale di Agrigento, non dovrebbe aver luogo il tanto atteso incontro.

Come detto, nessuno dalla Procura smentisce o conferma. Bocche cucite anche dalla Caritas.

Solo martedì mattina è possibile sapere con certezza se per davvero il protocollo è destinato a saltare o meno.

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