
In un momento di massima pressione sui mercati, il governo argentino guidato dal presidente Javier Milei ha messo a segno due mosse a sorpresa che hanno scosso Wall Street e i mercati finanziari globali. La prima è stata l'eliminazione temporanea delle tasse sulle esportazioni agricole fino al 31 ottobre; la seconda, decisiva, è arrivata da Washington: il sostegno esplicito del Tesoro degli Stati Uniti. L'effetto è stato immediato: il dollaro ha perso terreno, il rischio paese si è ridotto e le azioni argentine quotate a New York hanno registrato rialzi fino al 25% in dollari.
Entrambi gli annunci sono stati comunicati prima dell'apertura dei mercati, dissipando i timori di un possibile default argentino. La misura fiscale, però, non è illimitata: riguarda solo i primi 7 miliardi di dollari di esportazioni. La reazione dei mercati è stata immediata: il cambio ufficiale è sceso del 6%, da 515 a 430 pesos per dollaro, mentre la Banca Centrale ha evitato di intervenire dopo aver perso 1,1 miliardi di dollari di riserve nei tre giorni precedenti.
Il costo dell'operazione è ingente: le stime parlano di un mancato gettito fiscale di circa 1,8 miliardi di dollari. Ma la chiave del successo è stata Washington. Il segretario al Tesoro, Scott Bessent, ha promesso di fare "tutto il necessario" per sostenere il governo Milei, segnalando che l'appoggio Usa coprirà quasi 10 miliardi di dollari di pagamenti del debito previsti per il prossimo anno, garantendo così l'accesso ai mercati internazionali a Buenos Aires.
Gli investitori hanno reagito con entusiasmo: il rischio paese è sceso da oltre 1.400 a poco più di 1.100 punti base, i bond in dollari hanno registrato rialzi fino al 18% e le azioni dei settori bancario ed energetico hanno segnato guadagni a doppia cifra. Tuttavia, permangono i dubbi, a cominciare da un possibile ritorno del kirchnerismo si vota il prossimo 26 ottobre per il rinnovo di metà Camera e di un terzo del Senato che potrebbe scatenare nuovamente fuga di capitali e turbolenze valutari con le sue politiche interventiste.
Ieri, a New York, Milei ha incontrato Donald Trump all'Assemblea Generale dell'Onu per finalizzare un prestito del Tesoro Usa destinato alla Banca Centrale argentina. L'accordo, un'operazione volta a rafforzare le riserve, calmare i mercati e consolidare l'Argentina come partner chiave in Sud America, ha cementato l'allineamento ideologico e il rapporto personale tra i due leader, con un obiettivo comune: contenere l'espansione della Cina in America Latina e garantire stabilità politica ed economica al Paese.
Trump ha annunciato un pacchetto di salvataggio di ampia portata tramite l'U.S. Currency Stabilization Fund, bypassando il Congresso argentino controllato dall'opposizione. In cambio, l'Argentina depositerà pesos sul conto del Tesoro americano, meccanismo già utilizzato per proteggere il Messico durante la Tequila Crisis degli anni '90, dimostrando come Washington punti a strategie collaudate per prevenire crisi sistemiche.
Con quasi 28 miliardi di dollari di scadenze tra fine 2025 e metà 2026, Washington considera Milei un "alleato di importanza sistemica" perché il suo fallimento aprirebbe la porta a Pechino. Stabilizzare l'Argentina è dunque una priorità non solo finanziaria, ma anche, e soprattutto, geopolitica.