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Salvi i trattati internazionali ma giro di vite sui permessi

Tra le novità, la stretta all'abuso della "protezione speciale". La spinta per l'ingresso di flussi legali.

Salvi i trattati internazionali ma giro di vite sui permessi

Tempesta in un bicchiere d'acqua per il decreto ribattezzato Cutro approvato ieri dal Senato. Gli emendamenti non hanno trasformato la norma in una legge nazista che cancella i diritti dei migranti. Al contrario, proprio sul nodo della «protezione speciale» è stato votato il giro di vite, ma senza cancellarla del tutto con un colpo di penna. E tantomeno si sono buttati alle ortiche i trattati internazionali su protezione e asilo che rimangono inviolabili. Nello stesso tempo la Lega può cantare vittoria dichiarando che si è tornati allo spirito dei decreti sicurezza di Salvini poi affossati dal Quirinale. Proprio dal Colle era stato segnalato all'esecutivo la delicatezza dei passaggi relativi ai trattati internazionali. E Palazzo Chigi si è fatto garante mediando con gli alleati di governo più duri e puri. In aula il «compromesso» è arrivato con l'emendamento sull'articolo 7, che porta come primo firmatario Maurizio Gasparri, Forza Italia, vicepresidente del Senato e navigato politico.

La protezione speciale sarà concessa solo per casi eccezionali sanandone così l'abuso che permetteva la conversione in permessi di soggiorno per lavoro. La speranza, un po' vana, è che serva da deterrente per chi pensa di imbarcarsi nel rischioso tragitto illegale fino in Italia. L'emendamento, approvato della maggioranza, ridefinisce, «fatti salvi gli obblighi internazionali», le ipotesi per la protezione speciale «richiamando condizioni di salute non adeguatamente curabili nel paese di origine, calamità naturali, vittime del reato di costrizione o induzione al matrimonio».

Nonostante la sinistra abbia continuato a strapparsi i capelli, in maniera spesso demagogica, sono stati approvati anche altri articoli e relativi emendamenti finiti nel mirino. Il governo da una parte usa il «bastone» dichiarando guerra ai trafficanti e aggredisce furberie o scorciatoie dei migranti per restare in Italia, senza averne diritto, ma dall'altra utilizza la «carota» puntando a regolarizzare i «flussi di ingresso legale» necessari al mercato del lavoro. Domanda e offerta sono ancora distanti, ma è importante che il testo licenziato dal Senato vada in questa direzione. E allo stesso tempo confermi il pugno di ferro nei confronti dei trafficanti di esseri umani. L'articolo 8 è stato approvato senza modifiche introducendo un nuovo reato nel codice penale di morte e lesioni procurate da chi organizza o pilota la tratta dei migranti. Dopo il tragico naufragio di Cutro è giusto che paghino duramente anche gli scafisti, che hanno portato alla mattanza in mare. «Chiunque (...) promuove, dirige, organizza, finanzia o effettua il trasporto di stranieri» in modo irregolare e pericoloso per la vita dei migranti, è punito con pene da 20 a 30 anni.

La parte del «bastone» del decreto riguarda pure l'articolo 10 che permetterà di potenziare la rete dei Cpr, i Centri di permanenza per il rimpatrio. I piani del Viminale prevedono almeno un Cpr per regione. Il periodo di permanenza nei centri aumenta di ulteriori 45 giorni permettendo di organizzare il rimpatrio, che solitamente comporta lungaggini causate dalle difficoltà di identificazione e di riconoscimento da parte delle ambasciate del clandestino come proprio cittadino.

L'esame alla Camera, entro il 10 maggio, dovrebbe essere più semplice dopo il fuoco e fiamme dei talebani dell'accoglienza al Senato.

Il decreto Cutro diventerà legge, ma servirà solo a tamponare l'emergenza, non a risolvere la crisi che avrebbe bisogno di interventi più incisivi e a monte, sul fronte del mare e in Africa.

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