Cronache

Salviamo i panni stesi nei vicoli di Napoli Il decoro di una città si giudica da altro

L'ordinanza (subito ritirata) del sindaco Manfredi scatena la protesta popolare. Ma bisogna andare oltre i luoghi comuni

Salviamo i panni stesi nei vicoli di Napoli Il decoro di una città si giudica da altro

# iostendo. Con questo hashtag i napoletani rispondono all'ordinanza del sindaco Gaetano Manfredi sul divieto di stendere i panni ad asciugare da balconi e finestre prospicienti la pubblica via. Ingaggiarsi sui panni stesi nel resto del mondo sarebbe un soggetto da Striscia la notizia. Non a Napoli, città di uomini e donne mai banali, che riescono a tenere insieme le cose più piccole del quotidiano con le vette dell'umanità e della filosofia dell'essere.

I fatti sono semplici. È circolata una bozza di ordinanza comunale dedicata al decoro urbano, per contrastare le pratiche di vandalismo sui monumenti, che prevedeva anche il divieto di «stendere o appendere biancheria, panni, indumenti e simili al di fuori dei luoghi privati, alle finestre, sui terrazzi e balconi prospicienti la pubblica via quando ciò provochi gocciolamento sull'area pubblica». Apriti cielo! I cittadini sono insorti e il sindaco ha rettificato. «I panni stesi nei vicoli sono un elemento di rappresentatività della nostra città, non di mancanza di decoro. È ovvio che dobbiamo sempre mantenere un confine tra quella che è la nostra tradizione popolare e l'ordine, però non penso che questa ordinanza esisterà mai. I panni stesi resteranno, senza dubbio: sono stesi così perché nei vicoli stretti di Napoli, dove difficilmente entra il caldo del sole, solo in questa maniera si possono asciugare. E quindi, visto che noi i panni li vogliamo far asciugare dai nostri cittadini, non penso che questa ordinanza esisterà mai».

La tiritera di commenti tardo-nobiliari sull'essenza della napoletanità è affascinante. Un po' meno quella dei soliti politicanti pro/contro il sindaco. Diamo per letti entrambi e cerchiamo di far emergere qualche aspetto di maggiore spessore, per penna di questo napoletano emigrato, conoscitore ed estimatore delle nostre vette di cultura popolare, come pure di quelle saittelle (e se non sei di Napoli il significato te lo vai a cercare almeno questo!) in cui a volte inciampiamo e da cui piano piano ci tiriamo fuori. «Un Paradiso abitato da diavoli» è il detto medievale con cui Benedetto Croce ha inteso affrontare questo tratto della napoletanità. Questo antico biasimo, «se non lasciamo che ce lo diano gli stranieri o gli altri italiani ma ce lo diamo volentieri noi a noi stessi, è perché stimiamo che esso valga da sferza e da pungolo, e concorra a mantener viva in noi la coscienza di quello che è il dover nostro. E, sotto questo aspetto, c'importa poco ricercare fino a qual punto il detto proverbiale sia vero, giovandoci tenerlo verissimo per far che sia sempre men vero».

C'è il decoro che viene dall'alto, imposto e poi fatto rispettare. E c'è il decoro che viene dal basso, dall'amor proprio del singolo che sceglie di non sporcare o di pulire dove ha sporcato. Napoli ha una delizia, l'elasticità, e una croce, la tolleranza. Sono due facce di quell'abilità unica al mondo a capire e inquadrare le situazioni e i comportamenti.

E, giusto per chiarire, i panni a Napoli non gocciolano perché vengono strizzati prima, sennò le forme si allungano per il peso dell'acqua.

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