Salvini: nessun golpe dei pm Vince la linea di Di Maio

Il vicepremier smorza i toni dopo l'attacco ai giudici E rassicura sulla tenuta del governo: non vado all'incasso

Il duplice attacco giudiziario alla Lega mette alla prova l'asse con i grillini, tradizionalmente filo-procure. La tensione si smorza un po' dopo l'attacco in diretta Facebook di Salvini («Io sono stato eletto dal popolo, i magistrati no»), fonti M5s fanno filtrare una velina per attribuire a Di Maio il merito della frenata del leader leghista dopo un incontro notturno a Roma, anche se lo staff del ministro dell'Interno e Palazzo Chigi smentiscono ogni contatto. «A Salvini gliel'ho detto che non dove attaccare i magistrati» conferma invece Di Maio in un video su social. L'incubo dei vertici M5s, dopo anni di battaglie contro Berlusconi, è ritrovarsi un alleato di governo che ingaggi una guerra con la magistratura politicizzata. La miscela è potenzialmente esplosiva, perciò entrambi, dopo la reazione a caldo di Salvini all'avviso di garanzia, lavorano per calmare le acque. La distanze però restano, prova ne sia il commento del leader legista al ddl anticorruzione firmato dai grillini: «Lo sto leggendo, ne condivido una gran parte ma non vorrei che ci fossero 60 milioni di ostaggi in Italia in base a sospetti e in assenza di prove. L'economia italiana deve essere tutelata e protetta, non indagata a prescindere». Messaggio chiaro ai soci di governo, i cui punti di riferimento in materia giudiziaria sono i pm Davigo e Di Matteo.

Salvini sorride quando osservano che i suoi toni sulla magistratura ricordano quelli del Cavaliere. «Non c'è nessun golpe giudiziario. Ci sono delle inchieste, spero che facciamo bene e in fretta. Rispetto il lavoro di tutti. Aspetto con totale rispetto, celerità e curiosità le sentenze e i giudizi che mi riguardano. Che io sia un sequestratore è una cosa che fa ridere molti, ma siccome non sono al di sopra della legge se sono un sequestratore ne trarrò le conseguenze». E poi altra acqua sul fuoco: «Io non ce l'ho con nessuno, sono amico di tutti, anche dei magistrati che stanno indagando su di me. Ho la coscienza così a posto che sono pronto a essere indagato anche per altre 15 fattispecie di reato. Sono disposto ad andare a Palermo a piedi a spiegare ai magistrati che bloccare il traffico di esseri umani è un mio dovere e commetterei omissione di atti di ufficio se non lo facessi». Una frenata accolta con sollievo dai Cinque Stelle. «Mi fa piacere che Salvini abbia ulteriormente specificato che c'è il massimo rispetto per la magistratura» commenta il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede.

È la prima di Salvini come esponente della maggioranza di governo tra i «poteri forti» di Villa d'Este per il Forum Ambrosetti, l'anno scorso aveva promesso che sarebbe tornato da ministro, stavolta si impegna a tornarci per cinque anni di fila sempre in quel ruolo, perché non è interessato ad «andare all'incasso» con un voto anticipato, malgrado i sondaggi che lo stimano al 33%. La platea di businessmen, banchieri e top manager (molte le aziende pubbliche) riserva a Salvini un moderato gradimento, il 60% di loro promuove nel televoto la politica sui migranti, anche se giudica la modalità «discutibile». Lui calibra i toni sull'uditorio poco populista. Parla di demografia e immigrazione, dell'Europa del 2100, annuncia un piano di investimenti per l'Africa, 10mila assunzioni tra le forze dell'ordine, promette una manovra che rispetterà i vincoli Ue, si riscopre europeista («Spero che l'Europa cambi perché ci tengo all'Europa»). I suoi raccontano di un Salvini soddisfatto degli incontri di Cernobbio da cui ha ricavato la sensazione di un «rinnovato interesse nei confronti della Lega e del governo». Stretta di mano col leader euroscettico olandese Geert Wilders («La grande popolarità di Salvini è eccellente per l'Italia»), mentre evita - ma per caso - l'incontro con Angelino Alfano, suo criticatissimo predecessore al Viminale ora consulente dello studio legale BonelliErede.

Poi via a Milano, all'ospedale Buzzi, per la nascita del nipotino Edoardo, primogenito della sorella. «Quando sarà grande mi chiederà se l'ho visto nascere e io gli risponderò di no perché ero a Cernobbio, quindi odierà sempre Cernobbio».

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