Il giorno dopo la decisione del Senato di rinviarlo a processo per il caso Gregoretti Matteo Salvini è apparso tranquillo.
Nella conferenza stampa di ieri mattina alla Stampa estera, dove si è presentato insieme a Giancarlo Giorgetti, ha chiarito che seguirà «con attenzione quanto accadrà, senza alcun timore o preoccupazione». E lo ha ribadito senza mezzi termini: «L'articolo 52 della Costituzione, sul quale ho giurato da ministro, prevede che la difesa della Patria è un dovere per ogni cittadino, quindi non penso che quanto ho fatto a maggior ragione da ministro comporterà alcuna condanna». Ha poi specificato: «Non sono ancora sotto processo, il voto di ieri rimanda a Catania il fascicolo su cui indagare. Dovranno trovarne un altro», di giudice, «che non sia quello che abbia già archiviato. Non sono felice perché non voglio passare il mio tempo a studiare i processi».
Ha quindi annunciato un viaggio negli Usa, che sta organizzando «campagne elettorali permettendo». La Lega ha infatti sedi in quattro continenti e oltre 5mila iscritti all'estero. Poi l'ammissione della convinzione ormai radicata che prima o poi il governo cadrà e si andrà al voto. Addirittura pensa che si andrà a consultazioni elettorali «entro l'anno». Concetto ribadito anche da Giorgetti: «È questione di tempo, ma prima o poi toccherà alla Lega, a Salvini, tornare a governare», ha detto.
«Ci stiamo radicando in ottica delle prossime elezioni politiche, quando ci saranno», ha tenuto a dire poi il «Capitano» e nel pomeriggio, in una diretta lanciata dalla sua pagina Facebook, ha fatto un appello alle persone pulite, perbene, che hanno voglia di lavorare. Volti nuovi, gente che vuol mettersi a disposizione della Lega per portare un'aria migliore nelle regioni in cui si andrà al voto. Salvini ha detto che «si sta lavorando bene con Berlusconi, la Meloni, Toti», azzerando le polemiche sulla crisi del centrodestra.
«Mi auguro di vincere le elezioni - ha specificato poi - non con 12 processi a carico. Gli elettori voteranno a prescindere dai processi».
Sull'Europa l'ex ministro dell'Interno è stato chiaro: «Noi non abbiamo tra le priorità di uscire da niente e da nessuno. Non stiamo lavorando né per uscire dalla moneta, né dall'Unione. Adesso sono tutti eurocritici, dall'estate scorsa tutti si sono accorti che bisogna cambiare alcuni fondamenti della Ue». Auspicando «un grande gruppo con visione dell'Europa più moderna, alternativo a Ppe e socialisti». Quindi di nuovo un attacco al governo italiano che «non è d'accordo su niente e non fa niente. Non c'è nessuna proposta». E sul declino dei 5 stelle: «Non sono felice per questo, c'erano presupposti positivi, ma se ti allei con il Pd le conseguenze non possono essere che queste».
È quindi intervenuto sulla questione dei presunti fondi russi: «Non abbiamo mai preso un euro. C'è un accerchiamento. Savoini per me è una persona perbene e fino a prova contraria continuerò a ritenerlo una persona perbene».
Ieri i giudici della sesta sezione penale della Cassazione, nelle motivazioni della sentenza con cui hanno respinto il ricorso della difesa di Savoini contro l'ordinanza del Riesame di Milano che aveva confermato il sequestro probatorio dei due telefoni cellulari, hanno scritto che «la registrazione acquisita dall'inquirente riproduce un accadimento della realtà».
Avrebbe come oggetto «un accordo illecito per la retrocessione di importanti somme di denaro a favore del partito politico Lega e dei funzionari russi, coinvolti nella trattativa della vendita di prodotti petroliferi».Ma le accuse sono tutte da dimostrare.
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