Salvini-Saviano, scintille al processo: "Vergognati"

Il ministro gli dà la mano e lo scrittore lo insulta: "Gli ridirei che è della malavita"

Salvini-Saviano, scintille al processo: "Vergognati"
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Lui gli dà la mano. L'altro la stringe, poi aggiunge con un tocco di eleganza: "Vergognati". È l'ennesima puntata del duello Salvini- Saviano quella che va in scena in un'aula del tribunale di Roma. Sembra di stare in un celebre racconto di Conrad, con una contesa che si trascina per tutta la vita. Anche qui siamo davanti ad una vecchia storia, antiche ruggini che si rinnovano in occasione dell'udienza in cui lo scrittore di Gomorra è imputato di diffamazione ai danni dell'allora ministro dell'Interno.

È il 2018, sette anni fa, quando Roberto Saviano affibbia al leader della Lega la pesantissima immagine di "ministro della malavita". Un'espressione famosa e suggestiva coniata a suo tempo da Gaetano Salvemini e scagliata contro Giovanni Giolitti.

Altri tempi, ma le parole sono le stesse. E il tempo speso per ossequiare le liturgie bizantine della giustizia italiana non stempera gli animi. Anzi. Saviano va all'attacco come fossimo ancora al giorno uno di questa storia e punta dritto il vicepremier con l'abituale foga: "Riutilizzerei l'espressione ministro della malavita che è di Salvemini - spiega Saviano - ritengo di avere tutto il diritto di usare questo paradigma per criticare Matteo Salvini".

Siamo al punto di prima. E forse la temperatura si è pure alzata. "Ho stretto la mano a Saviano in aula - racconta Salvini - e lui ha detto Vergognati. È un maleducato, ma certo non è un reato". Davanti al magistrato Salvini si sofferma sulle ragioni che l'hanno spinto a portare in tribunale lo scrittore: "Io non ce l'ho con lui, ma se qualcuno mi dà del mafioso o amico della ndrangheta, questo non è normale. Non è normale per un ministro, per un padre, per un cittadino. Noi i clan li abbiamo combattuti".

Saviano non arretra e punge ancora: "È stata una giornata importante perché finalmente dopo anni Matteo Salvini é venuto a rendere testimonianza. Mi ha sconvolto perché non si ricordava, ometteva: ha balbettato qualcosa sulla scorta che per lui era una valutazione politica".

Salvini sta al gioco: "Come l'imputato vivo sotto scorta da anni, non lo considero un privilegio. Da ministro non ho fatto nulla di lesivo contro Saviano".

Poi il segretario della Lega annuncia che il processo non si fermerà: "È mia intenzione andare avanti con la querela. Quanto ha detto Saviano è gravemente lesivo della mia onorabilità". E già che c'é snocciola i dati della sua azione antimafia al Viminale, fra il 2018 e il 2019: 51 latitanti di rilievo arrestati e 6802 sequestri a boss per un valore di 3,8 miliardi.

La querelle va avanti. E intanto se ne apre un'altra sul reato di tortura: "Bisogna circoscriverlo perché ci sono degli agenti della polizia penitenziaria in balia dei delinquenti.

Questi ragazzi - afferma il vicepremier - devono poter lavorare, perché altrimenti sono in balia di criminali che ogni giorno la fanno da padroni in carcere". "Salvini - risponde Debora Serracchiani del Pd - sta dicendo di voler scassare la base dei diritti umani".

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