Salvini si mette la giacca per parlare agli industriali

Il leader leghista debutta a Santa Margherita Ligure per proporre ai giovani di Confindustria le sue ricette economiche su flat-tax area e uscita dall'euro

Salvini si mette la giacca per parlare agli industriali

È il giorno del debutto di Matteo Salvini davanti alla platea di Confindustria. Difficile dire se si tratti di un'operazione cortesia, una trovata mediatica, un tentativo di disgelo, l'apertura di uno spiraglio o l'inaugurazione di un canale di dialogo tra mondi distanti e finiti spesso in aperta rotta di collisione. Di certo sarà interessante misurare l'applausometro e la temperatura del dibattito e verificare se il leader leghista riuscirà a fare breccia nei cuori dei giovani industriali riuniti a Santa Margherita Ligure.

Lasciata a casa la felpa o la t-shirt d'ordinanza, Matteo Salvini ha già fatto sapere che si adeguerà al contesto a indosserà giacca e camicia. Per la cravatta si vedrà. «Indosserò la giacca per l'occasione, l'unica altra volta che l'ho fatto è stato in occasione dell'incontro con Vladimir Putin a Milano, incontro che presto ripeterò a margine della sua visita a Expo, mercoledì». Una scelta stilistica e di immagine destinata a conquistare obiettivi e inquadrature. Il 42enne segretario federale della Lega Nord parteciperà a una tavola rotonda su internazionalizzazione, Europa e attrazione degli investimenti esteri in Italia, ben consapevole di avere i riflettori puntati dopo il boom elettorale alle Regionali di domenica scorsa. La curiosità sta nel verificare come modulerà ethos , logos e pathos del suo intervento. Quale registro adotterà sul piano del linguaggio e delle proposte? Adatterà le sue argomentazioni alla platea, parlando meno alla pancia e più alla testa, coerentemente con il titolo del convegno «Ci interessa: visione, strategia, politiche», ribadirà la sua diffidenza verso le grandi associazioni oppure più semplicemente si terrà lontano dalla classica dialettica tra Pmi e grandi imprese?

Ribaltando la prospettiva è chiaro che anche Confindustria non può permettersi di ignorare una forza che vanta due «governatori», Roberto Maroni e Luca Zaia, e ha contribuito in maniera importante alla vittoria di Giovanni Toti in Liguria. Regioni che nel loro complesso rappresentano oltre 500 miliardi di Pil. La diffidenza, in realtà, non è tanto indirizzata verso il Carroccio, quanto verso la figura di Salvini. Una distanza accresciuta dalle dure posizioni assunte dal leader leghista sul Jobs Act e sul profilo troppo filogovernativo adottato, secondo Salvini, da Viale dell'Astronomia.

Non è detto, però, che alla prova dei fatti non possano emergere consonanze e punti di incontro. Se gli slogan «no-euro» non conquistano sono bene accolte le battaglie contro l'Europa dei vincoli e dei diktat, così come c'è curiosità per ascoltare la declinazione del progetto della flat-tax, l'aliquota unica al 15% già portata avanti in passato da Antonio Martino e Forza Italia. C'è interesse anche per la mutazione genetica in corso, ovvero la trasformazione della Lega in partito nazionale. Un obiettivo che inevitabilmente porterà il Carroccio a rimodulare messaggio e identità. Così come è scontato un ampio passaggio di Salvini sul masochismo renziano che ha portato l'Italia a schierarsi per le sanzioni contro Mosca, infliggendo tanti danni alle nostre industrie. «Parlerò delle odiose sanzioni Ue alla Russia e del tanto che non va e del poco che va nella politica economica dell'Unione». Una richiesta di una inversione di rotta che, c'è da scommetterci, farà innalzare la curva dell'attenzione della platea ligure.

di Fabrizio de Feo

Roma

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