Salvini si veste da leader ma è gelo con gli imprenditori

La ricetta del leader leghista non convince i giovani di Confindustria che lo bollano di populismo. Bocciata l'ipotesi di uscita dall'euro: «Costerebbe tutto 10 volte tanto»

La giacca sì, ma col jeans e il braccialetto rossonero We are Ac Milan , la giacca pure («È da due mesi che non la mettevo») su camicia bianca, la cravatta però no, quella solo per Vladimir Putin (tra l'altro il presidente russo torna a Milano tra pochi giorni per Expo e le diplomazie leghiste lavorano per un nuovo meeting col segretario federale). Un caldo tropicale fuori, parecchia freddezza invece dentro la sala, tra i giovani (e non solo) imprenditori che ascoltano Matteo Salvini e la sua ricetta no euro, uno dei giovani leader invitati a proporre la strada per la crescita (poi ci sono il grillino Di Maio, la Meloni, esponenti del governo...). Si annusano, si studiano, si prendono le misure, con reciproca circospezione perché i due mondi, il leghismo, compreso quello a trazione salviniana, e la grande industria, non si sono mai presi. «Vengo qui anche per imparare, io sono un curioso per natura, non devo convincere nessuno o vendere le pentole a nessuno» esordisce Salvini appena prende la parola alla convention annuale di Confindustria giovani a Santa Margherita Ligure. Poco prima, in apertura del convegno, il presidente dei confindustriali Marco Gay aveva detto che «il populismo è la più subdola delle tentazioni e non possiamo farcene scudo», ed ogni riferimento alla Lega di Salvini non era sembrato affatto casuale. Il leader leghista, forte del boom elettorale, non è tipo da farsi intimidire: «Mi fa ridere quando mi danno dell'euroscettico. I veri nemici dell'Europa sono gli eurobamba, quelli che va bene così, gli eurofelici a prescindere. I rom? Per me il problema dei rom è in fondo in fondo alla scaletta delle emergenze» Poco dopo si prende anche del «populista» da Francesco Ferri, vicepresidente dei giovani imprenditori di Confindustria, che contesta a Salvini la battaglia contro la moneta unica, il punto più contestato dagli industriali (Giulio Pedrollo, ad dell'omonimo gruppo, dice che l'euro ha sì dei problemi ma «dà stabilità», un valore fondamentale per chi fa impresa). Più pesante l'affondo di Ferri: «Lei Salvini viene bene in televisione, ma visto da imprenditore trovo quello che dice molto populista e poco attinente alle esigenze delle imprese. Lei fa credere che ci possa essere un'Italia senza euro quando il patrimonio degli italiani, la casa, si valuterebbe del 30% nel momento in cui uscissimo dall'euro». Salvini, da navigato boxeur, incassa il colpo e contrattacca: «Intanto il termine populista mi inorgoglisce. Poi sugli immobili le rispondo che con l'euro le case hanno perso il 60% del loro valore. I numeri sono numeri. Andiamo in una agenzia immobiliare e chiediamo». Tiepidi anche quando parla di sovranità monetaria, più attenti sulla flat tax e sul tema della Russia. Qui è Salvini a bacchettarli: «Da Confindustria mi aspettavo parole più forti sulle sanzioni contro la Russia che ci stanno facendo perdere miliardi di euro e migliaia di posti di lavoro, invece sento mormorii e mugugni. Il coraggio che voi chiedete alla politica io lo chiedo anche agli imprenditori. Ho ricevuto una mail della Ferrarini (vicepresidente di Confindustria, ndr ) che mi scrive: è importante difendere il made in Italy. Sì, è da dieci anni che lo diciamo noi». Tiepidi gli imprenditori quando parla di sovranità monetaria, consiglia i libri del prof Bagnai, o quando demolisce il trattato di libero scambio tra Europa e Usa.

Non c'è solo lo scarso feeling. «Ho apprezzato l'apertura al dialogo di Salvini, ha un piglio più vicino a noi rispetto ai politici della vecchia generazione, sta tra la gente e parla di problemi concreti – spiega Silvia Gatti, imprenditrice del settore edile - anche se non spiega in concreto molte cose, spesso resta al livello dello slogan, scade nella demagogia». È quello che gli rimproverano altri giovani imprenditori, magari interessati alla flat tax, al modello scozzese dei tre anni di esenzione fiscale per le nuove imprese, ma spaventati dalla cornice no euro del programma salviniano. «Di più, terrorizzati - corregge Giordano Riello, presidente dei giovani industriali veneti - Le imprese italiane comprano prodotti in dollari, con una moneta svalutata pagheremmo tutto dieci volte tanto, e i benefici sull'export verrebbero subito annullati. Invece come secondo paese manufatturiero d'Europa dobbiamo batterci a Bruxelles perché abbiamo tutte le credenziali per essere la locomotiva europea». Però, specifica, ha apprezzato anche lui l'invito di Salvini a «sporcarsi le mani insieme», per «avviare un percorso di confronto» tra Lega Nord e Confindustria. La strada non sembra in discesa, ma è un inizio.

di Paolo Bracalini

nostro inviato a S. Margherita Ligure (Ge)

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