Il presidente incaricato Mario Draghi incassa il primo «sì» della Lega a Bruxelles, dove i 29 parlamentari in quota al partito del Carroccio ieri sera hanno dato il loro assenso al regolamento sul Recovery Fund, a neanche un mese dall'astensione registrata in Commissione europea. Un voto che prelude all'ormai scontata fiducia leghista al governo. «Preso atto dell'impegno che non ci sarà alcun aumento della pressione fiscale, che la stagione dell'austerità è finalmente archiviata, che si ridiscuteranno i vecchi parametri lacrime e sangue e che si aprirà una stagione nuova per l'utilizzo dei fondi del Recovery Fund, prendiamo l'occasione per riportare l'Italia protagonista», ha dichiarato nella serata di ieri il capodelegazione degli eurodeputati leghisti Marco Zanni.
È stato il segretario Matteo Salvini, a margine dell'incontro con l'ex governatore della Bce, a parlare di un «cambio di atteggiamento». La svolta europeista dell'ex ministro dell'Interno è ormai davanti agli occhi di tutti. E che si tratti di responsabilità istituzionale o strategia politica, il nuovo Capitano sta piacendo a molti italiani. Il sì è arrivato dopo il collegamento con gli eurodeputati leghisti, nel tardo pomeriggio di ieri. La Lega vuole esser «protagonista» anche in Europa, dove le questioni da trattare «per il bene dell'Italia» sono moltissime. Salvini lo ha detto chiaramente: «Un conto» è guardare al piano «non condiviso» dell'esecutivo Conte II, un altro «essere protagonisti del buon utilizzo di questo fondi, che cambia anche l'atteggiamento della Lega».
L'ex vicepremier ribadisce di avere «fiducia nell'idea di squadra e di Italia che ha il professor Draghi. Abbiamo parlato di Europa. Il nostro obiettivo è che l'Italia torni a essere protagonista in Europa. Ci interessa che si faccia l'interesse italiano e per noi significa No all'austerità e su questo mi sembra vi sia sensibilità assolutamente condivisa».
E Salvini cambia faccia anche sull'immigrazione, adottando politiche più morbide: «Chiediamo che siano di stampo europeo, vogliamo che si tratti la gestione come lo fanno altri Paesi, penso a Spagna, Francia, Germania, Slovenia. Una buona gestione dei confini, dell'integrazione e contrasto al traffico degli esseri umani».
A chi gli chiede se stia ancora dalla parte di Marine Le Pen o se la Lega possa prendere derive di altro tipo, Salvini risponde: «Noi siamo in Europa saldamente per cambiare alcune regole che lo stesso Draghi ha riconosciuto non più adatte al nostro tempo. Non per cambiare gruppi». E poi l'affondo senza mezzi termini nei confronti del Ppe: «Se avessi governato come Orban mi avrebbero chiamato dittatore».
Parla quindi della salute economica dell'Italia, ammettendo di aver parlato con Draghi anche di questo. «C'è l'impegno a non aumentare nessuna tassa. A momento eccezionale risposta eccezionale da parte dello Stato». E ancora: «Per il piano vaccinale abbiamo condiviso ritardi ed errori europei e italiani. Io ho riproposto il modello lombardo». Ha quindi ribadito: «Nessun veto a nessuno. Non abbiamo parlato di ministri, di ministeri, di formule politiche, di legge elettorale.
Contiamo di rivederci, però mi sembra che ci sia tanta voglia di partire». Per poi concludere: «Le etichette le lascio agli altri. La Lega è il movimento della concretezza. E abbiamo voglia di dare il nostro contributo a quello che è un governo che spero nasca presto».
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