Santiago, guerriglia urbana contro il caro vita. Ora il governo dichiara lo stato di emergenza

La protesta dei giovani con molotov e saccheggi. Incendiato il palazzo Enel

Santiago, guerriglia urbana contro il caro vita. Ora il governo dichiara lo stato di emergenza

San Paolo Dopo l'Ecuador ad infiammarsi in Sudamerica è il Cile tanto che il presidente Sebastián Piñera è stato costretto venerdì sera a dichiarare lo stato di emergenza. Sotto assedio è finita Santiago presa d'assalto da una serie di atti di vandalismo senza precedenti. Il casus belli è stato l'aumento del biglietto del metrò del 4% (non però per gli studenti, né per i pensionati). Tanto è bastato per scatenare il finimondo nella capitale da parte di qualche centinaio di vandali, quasi tutti studenti sotto i 18 anni. Demolite decine di stazioni della metro, negozi e banche saccheggiate, autobus dati alle fiamme. Oltre trecento gli arresti e 6mila i carabinieri chiamati a proteggere Santiago dal resto del Paese. Bruciato da sconosciuti il palazzo dell'Enel, in pieno centro città, in uno scenario che ricordava il film L'Inferno di cristallo.

Tanta la paura, 156 i carabinieri feriti (contro 11 manifestanti) ma per fortuna nessun morto. Piñera ha annunciato lo stato di emergenza nella capitale poco dopo la mezzanotte e in un discorso alla nazione trasmesso dalla Moneda ha spiegato che la scelta è «tra la democrazia e la criminalità» e che lo stato di emergenza garantisce «la sicurezza dei residenti, la protezione di proprietà e merci e i diritti di ciascuno dei cileni che hanno sopportato difficoltà per colpa delle azioni dei vandali». Il presidente vuole che gli incappucciati responsabili del caos siano condannati dalla giustizia in modo esemplare. «Una cosa è protestare, altra sono gli atti criminali cui abbiamo assistito» ha dichiarato. 41 le stazioni della metro danneggiate con danni milionari.

Oggi si ferma il campionato di calcio mentre ieri l'intera rete della metro usata ogni giorno da 3 milioni di utenti (per la cronaca quella di Santiago è la più moderna del Sudamerica, con 140 Km di estensione e 136 stazioni) è stata chiusa per verificare «i gravi danni» mentre in strada è stato dispiegato l'esercito. Il Frente Amplio dell'opposizione di sinistra ha tacciato Piñera di «antidemocratico», idem i comunisti e ciò non fa che rafforzare il sospetto che in Cile gli scontri siano stati un pretesto per creare instabilità sociale, come denunciato da più voci, persino da ex esiliati della dittatura come l'ex ministro della Cultura Mauricio Rojas, secondo il quale «la barbarie di Santiago non è stata il risultato di un'esplosione sociale, la popolazione non è scesa in piazza, ma solo una minoranza radicalizzata e violenta» contro un governo che è cresciuto economicamente in questi anni più di tutti gli altri paesi dell'America Latina.

Al grido di «evadere, non pagare, un'altra forma di lottare» i «millennials» che usano i social per organizzare il caos e che da una settimana si rifiutano di pagare il biglietto saltando i tornelli hanno attaccato duramente i Carabineros (che le hanno prese di santa ragione) soprattutto nella stazione del metrò Los Héroes e nelle vie intorno a Plaza Italia, luogo simbolo delle proteste sociali in Cile fin dai tempi di Pinochet.

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