Cronaca nera

Scagni torturato in cella. "Stava per essere ucciso"

Il 42enne, in prigione per l'omicidio della sorella, sequestrato e picchiato da due detenuti per tutta la notte. Blitz per salvarlo

Scagni torturato in cella. "Stava per essere ucciso"

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La prima volta, un mese fa, era stato il suo compagno di cella a picchiarlo selvaggiamente dopo aver trovato un articolo di giornale che parlava della sua condanna per aver ucciso la sorella. E per questo Alberto Scagni era stato trasferito dal carcere di Marassi, dove stava scontando 24 anni e 6 mesi per l'omicidio di Alice, uccisa sotto casa a Genova il primo maggio del 2022, a quello di Valle Armea, a Sanremo. Ma anche qui il 42enne genovese è stato preso di mira dai detenuti e mercoledì sera è stato pestato da due maghrebini che lo hanno tenuto in ostaggio nella cella, torturato per ore fin quasi ad ucciderlo. È accaduto nel padiglione Z, quello che ospita la sezione «protetti», riservata a chi per la tipologia del reato commesso può diventare oggetto di violenza.

L'uomo è stato sottratto a fatica ai suoi aggressori dagli agenti della penitenziaria ed è stato ricoverato in gravi condizioni all'ospedale Santa Corona di Pietra Ligure, dove ieri è stato sottoposto ad un delicato intervento chirurgico al naso e ha riportato un politrauma. È un coma farmacologico. I due detenuti, reclusi per violenza sessuale aggravata, sono stati invece arrestati per tentato omicidio e sequestro di persona. Non è chiaro se il pestaggio di Scagni sia legato al reato commesso o al fatto che i due maghrebini si erano ubriacati utilizzando l'alcol ottenuto con la macerazione della frutta. Il 42enne è stato colpito più volte in faccia con degli sgabelli mentre il suo compagno di cella, un italiano, è stato tenuto sotto minaccia e chiuso in bagno. «Ha fratture al volto che lo hanno costretto a un intervento di chirurgia maxillofacciale. Non solo. Ha subito un tentativo di strangolamento ed è sotto osservazione per le condizioni del collo», spiega l'avvocato Fabio Anselmo, che assiste la famiglia Scagni. «Andrò in ospedale a trovare il mio assistito non appena i medici me lo consentiranno. È in condizioni critiche», riferisce l'avvocato Mirko Bertoli, che difende il detenuto aggredito. Per salvarlo dalla furia degli aggressori, il magistrato di turno ha ordinato alla polizia penitenziaria l'intervento con l'utilizzo della forza. Gli agenti hanno fatto irruzione nella cella in tenuta antisommossa e hanno immobilizzato i due detenuti. Nella colluttazione uno di loro si è rotto due costole. La cella è stata devastata.

Il segretario generale del Sappe, Donato Capece, ha chiesto al Dap di disporre un'ispezione. «La situazione interna all'istituto penitenziario, con oltre 290 detenuti presenti, è diventata invivibile», denuncia Vincenzo Tristaino, segretario regionale Sappe per la Liguria.

Un altro colpo al cuore per il padre e la madre di Alice, nella dolorosa posizione di genitori della vittima e dell'assassino, che si trovano ad affrontare la seconda aggressione in un mese al figlio in carcere. «Lo Stato ha fatto in modo che Alice morisse e finirà per restituirci un cadavere anche con Alberto», dice Antonella Zarri, mamma della giovane uccisa, che ha sempre denunciato di essere stata abbandonata dallo Stato di fronte ai problemi di salute mentale del figlio. «Ci aspettiamo una nuova aggressione ad Alberto, la temiamo. E sappiamo - continua la donna - che questo accontenterà la pancia di molte persone perché ormai in Italia più che la giustizia ci si aspetta la vendetta. Anche se Alberto è ostaggio dello Stato, noi abbiamo ancora il coraggio di andare avanti e ribadire la verità: siamo stati abbandonati dalle istituzioni di salute mentale e dalle forze di polizia. Quante telefonate di minacce di morte registrate, quante richieste di aiuto.

E lo Stato non ha fatto in modo che Alice non morisse».

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