Lo avevano dipinto come «il salvatore della democrazia» quando, dopo il ballottaggio alle presidenziali, il verde Alexander Van der Bellen, sostenuto da un variopinto cartello elettorale unito da un patto anti destra, aveva battuto per meno di 31mila voti il candidato nazionalista Norbert Hofer. Ma c'era qualcosa che non quadrava negli spogli, non solo per il margine esiguo dei consensi, ma soprattutto per il comportamento degli scrutatori nella conta dei voti per posta. Perciò il Fpo, partito di Hofer, aveva deciso di presentare ricorso alla Corte Costituzionale austriaca, la quale, un mese dopo il voto, ha deciso che le elezioni sono da rifare. Per carità, i giudici nel verdetto non hanno usato la parola brogli, forse per non ferire l'orgoglio dei presunti difensori della democrazia, ma hanno scritto di aver riscontrato «un'impropria gestione» di 78mila schede in 94 distretti. E così, per la prima volta nella storia repubblicana dell'Austria, si ripeterà il ballottaggio.
«Non ci devono essere dubbi sulla legittimità di nessuna elezione», ha affermato Christian Kern, il cancelliere che ha preso la guida di un governo di grande coalizione a fine maggio, dopo le dimissioni del suo predecessore in seguito alla débacle elettorale. Il cancelliere ha voluto sottolineare che le elezioni sono state invalidate «per un errore formale e non per manipolazioni». La sentenza «non è qualcosa di cui rallegrarsi ha aggiunto - ma dimostra che la democrazia e lo Stato di diritto funzionano». Certamente, funzionano solo perché sono stati i giudici a ribaltare un risultato truccato.
L'Unione europea, tutta schierata contro Hofer (esponente del Fpo, partito anti Ue e anti immigrazione), aveva gongolato dopo lo spoglio e molti leader del Vecchio Continente avevano espresso il loro sollievo sottolineando la maturità della democrazia austriaca e il trionfo del politicamente corretto. Peccato che il Fpo, sentiti alcuni scrutatori, aveva scoperto tante di quelle anomalie da essere spinto a rivolgersi alla Corte Costituzionale. Ma sono d'obbligo alcuni esempi. Nel collegio di Waidhofen an der Ybbs, l'affluenza al voto è stata del 146,9%, cioè più elettori degli aventi diritto. A Linz addirittura del 598% nel caso di voto «per delega», cioè di quegli elettori che per motivi di salute danno la procura ad altri per votare al posto loro. Senza contare, infine, che il numero dei votanti all'estero sia miracolosamente aumentato di 20mila schede in una notte. E, stranamente, in tutti i casi i voti in più premiavano Van der Bellen.
Nel corso delle udienze, i giudici costituzionali hanno sentito 90 testimoni, molti dei quali hanno ammesso che non sia stata rispettata la legge elettorale, soprattutto nei tempi e nei modi del conteggio dei voti per posta. «Le elezioni sono il fondamento della nostra democrazia e il nostro compito è di garantirne la regolarità - ha dichiarato il presidente della Corte Costituzionale Gehrart Holzinger prima di leggere il verdetto - La sentenza deve rafforzare il nostro stato di diritto».
Gli elettori austriaci, quindi, torneranno alle urne tra fine settembre e inizio ottobre, anche se la data verrà decisa definitivamente martedì prossimo. Hofer è pronto a riprendere la campagna elettorale in agosto con l'obiettivo di diventare il primo presidente nazionalista e anti Ue di un paese membro dell'Unione europea. E Bruxelles, tanto per cambiare, è preoccupata.
Dopo il referendum sulla «secessione» britannica, infatti, Hofer ha dichiarato di essere favorevole a indire un'identica consultazione in Austria.«Sono molto fiducioso e ho intenzione di vincere per la seconda volta», ha affermato dal canto suo Van der Bellen dopo la sentenza. Ma questa volta non ci sarà alcun aiutino.
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