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Lo schianto dei buonisti beffati dall'idolo arcobaleno

La sinistra cavalca la cronaca per imporci le sue crociate. Ma le polemiche sulla giovane cacciata di casa perché lesbica mettono ancora una volta in ombra la narrazione buonista

Lo schianto dei buonisti beffati dall'idolo arcobaleno

Lo scorso aprile, in pieno fermento pro ddl Zan, i buonisti crearono l'ennesimo simulacro per piegare l'opinione pubblica alla causa Lgbtqi+: Malika Chalhy. La 22enne di Castelfiorentino, cacciata dalla famiglia (musulmana più o meno praticante) dopo il coming out, divenne in breve tempo un altro simbolo della lotta all'omofobia. Le accuse mosse contro i genitori (rilanciate in tv dalle Iene) monopolizzarono il dibattito per qualche giorno nonostante il fratello Samir si sgolasse a dire che l'intero teatrino fosse stato messo in piedi "solo per soldi". Allora nessuno gli dava retta. In molti si fiondarono a sottoscrivere la donazione su Gofundme per "aiutarla a ricostruirsi una vita". Ora, però, sono tutti infuriati perché Malika ha usato parte dei 140mila euro raccolti per affittare un appartamento a Milano (e fin qui nessun problema) e togliersi qualche "sfizio" (come si è giustificata lei), ovvero una Mercedes nuova di zecca (una fiammante classe A), un bulldog da 2.500 euro e un po' di vestiti. E qui, di problemi, ce n'è più di uno.

Oggi i buonisti sono tutti inorriditi. Si sentono presi in giro: hanno abboccato alla campagna di liberazione e sono finiti per schiantarsi contro i capricci di una 22enne a cui "piacciono i motori". A farli sbarellare è stato, tra le tante cose, anche il teatrino sui soldi da dare in beneficenza scoperchiato nei giorni scorsi da Selvaggia Lucarelli su Tpi. Prima ha detto che le sarebbe piaciuto fondare "un’associazione con la Boldrini, solo che la cosa va per le lunghe, lei non è stata bene". Peccato che non appena l'ex presidente della Camera è venuta a saperlo si è fiondata a smentire tutto: "Si tratta di una vera e propria fake news". Messa con le spalle al muro, Malika ha prima tirato in ballo la Fondazione Nadia Toffa, poi denunciato imprecisate "persone" che volevano costringerla "a donare al gruppo ospedaliero San Donato".

Il commento di Matteo Salvini è stato lapidario: "Vergogna ne abbiamo?". La risposta alla domanda del leader del leghista oggi appare scontata. E probabilmente se la sta ponendo anche la sinistra che nelle scorse settimane ha innalzato Malika a nuovo idolo della battaglia arcobaleno. A metà maggio, in occasione della Giornata internazionale contro le discriminazioni di genere, c'era anche lei in piazza a Firenze accanto alle sigle che pretendevano (e pretendono tuttora) che "il ddl Zan venga immediatamente calendarizzato e approvato in Senato". "Amare una persona dello stesso sesso non è una malattia", diceva. Qualche giorno prima aveva presenziato pure alla manifestazione organizzata dai Sentinelli a Milano dove, tra i tanti, era accorso pure il piddino Alessandro Zan. "La famiglia tradizionale non ha colori, non ha orientamento sessuale - ha detto parlando dal palco - quindi approvate questo disegno di legge perché io come tante altre persone sono stata vittima di violenza verbale". Ad ogni uscita pubblica seguiva immancabilmente una copertura mediatica che fa invidia alle migliori influencer. Tanto che, come svelato alla Lucarelli, la 22enne è corsa a farsi affiancare da una ragazza che le fa da portavoce e da un agente che tratta i rimborsi quando va in tv. Una vera e propria star, insomma.

Oggi la stella di Malika è in fase di spegnimento. Non è il primo idolo della sinistra a fare questa fine. Nelle settimane scorse (prima ancora che Enrico Letta imponesse agli Azzurri di inginocchiarsi a inizio partita) abbiamo assistito allo stesso schianto della fondatrice di Black Lives Matter, Patrisse Cullors, quando si è venuto a sapere che si era comprata una villa da 1,4 milioni di dollari in un quartiere di Los Angeles composto per l'88% da bianchi. I buonisti dovrebbero smetterla di cercare simulacri da sbattere sui giornali per far valere le proprie ragioni. Tranvate in questo senso le hanno prese sia quando hanno tentato di spacciare Seid Visin come vittima del razzismo italiano per promuovere lo ius soli sia quando hanno cavalcato il suicidio di Orlando Merenda per accelerare il via libera al ddl Zan. Già un paio di "incidenti" del genere avrebbero dovuto farli riflettere.

Ma a quanto pare i buonisti non imparano mai la lezione.

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