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Seid, gli avvoltoi rossi e le balle sullo ius soli

Il caso Seid fomentato dalla sinistra. Letta torna a chiedere lo ius soli: "Avanti tutta". Ma svendere la cittadinanza italiana non aiuta a integrare gli stranieri

Seid, gli avvoltoi rossi e le balle sullo ius soli

Perché, nonostante la lettera (straziante) in cui Seid denunciava di essere guardato "con odio a causa" della sua "pelle scura" sia stata scritta nel 2019 (ben due anni fa!), la stampa progressista ha tirato all'inverosimile i titoli trasformando la sua terribile morte nell'ennesimo caso di intolleranza xenofoba? Perché, nonostante il padre abbia subito sgombrato il campo da ogni equivoco assicurando che "il razzismo non c'entra nulla" con il suicidio del figlio adottivo, Roberto Saviano è subito saltato alla gola di Matteo Salvini e Giorgia Meloni accusandoli di essere "due orgogliosi razzisti" che "praticano crudeltà e spietatezza"? Perché, nonostante il centrodestra abbia tenuto il triste fatto di cronaca fuori dal perimetro della politica, Enrico Letta ci si è fiondato sopra rilanciando (tanto per cambiare) lo ius soli come se svendere la cittadinanza italiani agli immigrati irregolari servisse a combattere il razzismo?

Ancora una volta gli avvoltoi rossi hanno piegato la realtà all'ideologia. Ancora una volta il silenzio è stato colpestato dal livore che ha invaso con prepotenza le bacheche dei social network. Ancora una volta si è persa un'occasione per non buttare tutto in politica. Alla base di tutto c'è una lettera (scritta due anni fa) in cui Seid si sfogava di certi sguardi che lo facevano stare male. Ma quella lettera, fa giustamente notare il padre del ragazzo, Walter Visin, "era una cosa vecchia". "Era stato uno sfogo - spiega in una intervista a Repubblica - Seid era esasperato dal clima che si respirava all'epoca in tutto il Paese. Ma nessun legame con il suo suicidio, basta speculazioni". Le sue parole non sono bastate a fermare l'assalto dem. E la morte del ragazzo è stata subito brandita per sparare addosso alla destra. "Mi auguro che anche una 'certa' politica rifletta sulle conseguenze delle sue sprezzanti parole", ha scritto ieri pomeriggio Laura Boldrini su Facebook. Letta è andato oltre: oggi, in una chiacchierata con Repubblica, ha infatti ribadito la ferma volontà di premere l'acceleratore sulla riforma della cittadinanza italiana. "La legge sui nuovi giovani italiani puntiamo ad approvarla entro questa legislatura, sto lavorando perché ci sia un accordo politico tra i partiti".

Ma davvero Letta crede che, se lo ius soli fosse già legge, non ci sarebbero più episodi di razzismo? Davvero è convinto che regalare la cittadinanza italiana, abbreviando un iter che già esiste e funziona, possa in qualche modo cambiare il percepito all'interno della nostra società? Non pensa piuttosto che certi episodi di razzismo e di intolleranza, tutti da condannare senza se e senza ma, siano frutto (oltre che dell'ignoranza) di politiche buoniste che hanno spalancato le porte del nostro Paese a decine di migliaia di disperati che sono andati ad ingrossare quell'esercito di clandestini che vive all'ombra dell'illegalità? Nei giorni scorsi, parlando di ius soli a Quante Storie su Rai 3, il segretario piddì spiegava che il tema centrale è "l'integrazione". Per integrare, però, bisogna innanzitutto far rispettare le regole. Senza queste prosperano degrado e insicurezza, paura e diffidenza. E non bastano una legge e un foglio di carta a cancellarli.

Davanti a un altro straziante caso di cronaca, quello di Saman Abbas, viene da chiedersi perché Letta non si sia battuto allo stesso modo per capire cosa sia successo a questa giovane ragazza pachistana di Novellara che sognava di essere libera come le sue coetanee. Perché non ha speso una sola parola per condannare questo caso di mancata integrazione? Perché non ha denunciato quei musulmani che ancora oggi, nelle pieghe della nostra società, riescono a obbligare le proprie figlie a matrimoni combinati e a farle sparire nel nulla quando queste si ribellano? Lo ius soli non avrebbe salvato Saman, colmando la siderale distanza culturale che si era venuta a creare con i genitori e i parenti, come non avrebbe salvato Seid che, è bene sottolinearlo, essendo stato adottato, aveva già la cittadinanza italiana. Dire, dunque, il contrario è una forzatura che non aiuta nessuno. Un'integrazione basata sul rispetto del prossimo e delle regole, un'integrazione libera dall'ideologia progressista dell'accoglienza indiscriminata, è l'unica risposta che possiamo dare a tutto quest'odio.

E comunque è un percorso (lungo) che non si compie a suon di proclami.

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