Schlein è già in crisi: "Ora vi chiedo lealtà". E la minoranza sbotta: "5 Stelle irricevibili"

La grande forza di Elly Schlein - ormai lo hanno capito sia i giornalisti che tentano di cavarle qualche risposta non impalpabilmente fumosa che i critici interni al Pd - è la padronanza professionale della tecnica del "muro di gomma"

Schlein è già in crisi: "Ora vi chiedo lealtà". E la minoranza sbotta: "5 Stelle irricevibili"
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La grande forza di Elly Schlein - ormai lo hanno capito sia i giornalisti che tentano di cavarle qualche risposta non impalpabilmente fumosa che i critici interni al Pd - è la padronanza professionale della tecnica del «muro di gomma».

Lo si è visto nella Direzione Pd che si è tenuta ieri, preceduta da mille scontri e polemiche dopo il penoso scivolone che ha portato il Pd a omaggiare, leader in testa, la recente manifestazione - a metà tra Mosca e Caracas - del Movimento Cinque Stelle. E finita a tarallucci e vino con un voto sul nulla (un vago ordine del giorno sulle «7 priorità del Pd») dopo un lungo braccio di ferro con la minoranza che, per la prima volta, ha rifiutato di votare la relazione del segretario.

Alla Direzione, rinviata più volte, Schlein arrivava fiaccata dalla pessima prova elettorale degli ultimi ballottaggi e dalla bufera interna per essersi accodata in piazza al populismo sguaiato di Grillo, Conte & Co. Col corredo di alcuni clamorosi abbandoni dell'ultim'ora: prima l'ex candidato alla guida della regione Lazio, Alessio D'Amato («Errore politico grave andare a quella manifestazione») poi quello di Concetta Chimisso, vice-segretaria Pd del Molise, dove si vota domenica e dove il Pd si è fatto imporre il candidato governatore dai grillini. Come ha aggirato l'ostacolo? Con la consueta tecnica: un profluvio di chiacchiere prolisse sulle «sette grandi questioni» su cui il Pd deve impegnarsi alla pugna in una «estate militante»: dal Pnrr alla sanità pubblica, dal «diritto alla casa» alle tasse, dal «cambio del modello di sviluppo» tramite «nuovo piano industriale» che verrà svelato «a settembre» al lavoro per tutti fino al «primo grande confronto sull'università guidato da Alfredo D'Attorre» (e scusate se è poco).

Una volta stremata la platea, Schlein spiega di non aver sbagliato niente: andare a baciare la pantofola a Conte e Grillo era sacrosanto, perchè «il centrodestra si presenta sempre unito e noi dobbiamo fare lo stesso». Le polemiche? Tutte strumentali: chi tra voi mi critica, dice in pratica Elly, fa il gioco di Giorgia Meloni e della destra, che «manovra le leve dell'informazione per trascinarci allo scontro interno». Certo, «i ballottaggi sono stati una sconfitta», ammette. Ma «secondo i sondaggi ho già fatto guadagnare al Pd due milioni di voti: 20mila voti al giorno». Certo hanno l'handicap di essere voti virtuali perchè poi, quando è ora di votare, quei 20mila non pare si presentino alle urne, ma sono sottigliezze. Elly è convinta di poter raggiungere «il traguardo che ci siamo posti: restituire alle forze progressiste la guida del paese».

Si vedrà. Per il momento, andando sul sicuro, Elly vuol tenersi stretta la guida del Pd, sempre meglio di niente. E manda un avvertimento ai critici interni: «Il giochino del logoramento del segretario con noi non funzionerà: siamo qui per restare». Il «noi» è da intendersi come lo intendeva il Re Sole: io.

La lunghissima relazione della segretaria viene trasmessa in streaming, poi - nonostante le proteste di qualche membro della direzione, come Lia Quartapelle - la linea viene tagliata. Al microfono si susseguono in molti, ma in pochi hanno il coraggio di sfidare l'avvertimento della segretaria («Chi non è con me è con Meloni»). «Le parole che ho sentito in quella piazza sull'Ucraina sono indecenti, e non possono essere le parole del Pd», tuona l'ex ministro della Difesa Lorenzo Guerini. «Discutere qui non è lesa maestà», dice Alessandro Alfieri all'aspirante Luigi XIV, «non ho compreso le ragioni di esporre il Pd a un diluvio di critiche per andare a quella manifestazione». Rincara Pina Picierno: «Sostenere l'Ucraina è la pace: la guerra sta dall'altra parte, dalla parte dell'aggressore. Sostenere l'Ucraina è l'Europa e tutto quello che è contro l'Europa sta dall'altra parte».

E il sindaco di Bergamo Giorgio Gori ricorda Enzo Tortora per auspicare un Pd che «si riappropri della vocazione garantista» e appoggi la riforma Nordio: «Non perfetta, certo, ma segna un cambiamento nella direzione auspicata da Tortora. E abbiamo il dovere di ragionare sul merito, senza fermarci al riflesso condizionato dell'opposizione».

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