Scissione congelata. I riformisti soffrono ma non rispondono alle sirene renziane

Quel disagio nell'area moderata, da Gentiloni a Bonaccini. Però nessuno ha il coraggio di rompere. E i fedelissimi della leader zittiscono tutti: "Basta coi dibattiti"

Scissione congelata. I riformisti soffrono ma non rispondono alle sirene renziane
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La scissione è congelata. Lo strappo è rinviato. I riformisti dem non attraversano il Rubicone. Minacciano la rottura. Ma poi (puntualmente) ingranano la retromarcia. Incendiano. Ma poi vengono zittiti da Schlein e compagni.

Da Bonaccini a Morani. Passando per Guerini e Delrio: la pattuglia degli «scissionisti virtuali» è ampia. Ampissima. La forbice tra i dissidenti e il gruppo comando si allarga di volta in volta: Ucraina, maternità surrogata, giustizia. Sono tanti i terreni di scontro con la segretaria Elly Schlein. L'insofferenza arriva fino ai padri nobili del Pd come Romano Prodi, Paolo Gentiloni e Arturo Parisi. Ma nessuno pronuncia la fatidica parola «addio». Nessuno sbatte la porta. Anzi si batte in ritirata. Lo stesso sceriffo campano Vincenzo De Luca fa il guascone. Salvo poi trasformarsi in un agnellino pur di proteggere il figlio Piero, già al secondo mandato in Parlamento. Ieri la direzione nazionale è stata un supplizio per l'ala riformista. Elly Schlein e i suoi ragazzi hanno dominato in lungo e largo. Nessuna analisi o mea culpa sul tracollo elettorale ai ballottaggi. Anzi. Schlein, Furfaro e Cristallo giocano all'attacco: «La nostra gente è stanca del dibattito». Messaggio chiaro: stop a discussioni. Comando io. I riformisti incassano il colpo e non ribattono. Sulla nuova linea Pd rispetto al conflitto in Ucraina, l'imbarazzo del commissario Ue Paolo Gentiloni è arcinoto. Non più tardi di una settimana fa l'ex premier ha dovuto giustificarsi con i vertici Ue dopo che il Pd si è spaccato in tre gruppi sul voto del Parlamento europeo Act in Support of Ammunition Production», ovvero il via libera per tutti i Paesi membri all'acquisto di armi e munizioni da inviare in Ucraina. Gentiloni è in sofferenza ma non strappa. Non cede alle sirene renziane che lo vorrebbero alla guida del Terzo Polo. Sulle sparate di Grillo in piazza a Roma sabato scorso, mezzo Pd è in subbuglio. I rifomisti urlano, protestano, minacciano. Alessia Morani si prende una pagina di Libero per sfogare tutta la rabbia contro Schlein. Risultato? Resta aggrappata alla nave. Alessio D'Amato, ex assessore regionale alla Sanità nel Lazio, si dimette dall'assemblea nazionale, dopo la mancata presa di distanza di Schlein dalle parole di Grillo dal palco di Roma. Ma non lascia il Pd. Bonaccini alza la voce: «Noi dobbiamo essere la forza trainante mai metterci a rimorchio. Per questo dobbiamo assumere un'iniziativa come partito democratico». Parole. E basta. Fucili riposti in garage. Pina Picierno contesta: «Per quel che mi riguarda Elly e dunque aiutarti non significa non proferire parola per l'accusa di lesa maestà o addirittura di paternalismo o di sessismo, converrai che nel mio caso l'accusa suonerebbe ridicola, ma significa invece aiutarti a elaborare una linea politica condivisa. Credo la partecipazione della segretaria alla manifestazione dei Cinque Stelle sia stato un errore».

Sul tema giustizia, i sindaci dem sono sul piede di guerra. Il primo cittadino di Bari Antonio Decaro, presidente Anci, era il portabandiera della guerra contro l'abuso d'ufficio. Adesso sembra rintanato. L'ex segretario Enrico Letta è da sempre favorevole allo stop. Ora è sommerso e zittito dalla linea Travaglio-Bonafede. «Credo che la gente voglia un'opinione chiara da parte del Pd, e anch'io, sulla guerra in Ucraina, sul reddito di cittadinanza e su altre cose che sono battaglie significative» - dice Beppe Sala. Si limita alla classica filippica contro la segretaria.

Ma nulla più.

Sul tema della maternità surrogata si è esposto Goffredo Bettini che in un'intervista ad Avvenire ha bollato la pratica dell'utero in affitto come mercificazione del corpo. Eppure se ne sta buono e in silenzio.

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