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Scontro dentro la maggioranza sul Cara di Mineo

Il Pd vuole chiudere il Cara di Mineo, mentre Angelino Alfano vorrebbe trasformarlo in hotspot

Scontro dentro la maggioranza sul Cara di Mineo

"Il modello di accoglienza non può essere quello di Mineo in cui vi sono gravi interferenze della criminalità e vistose negligenze sull'accoglienza. Il centro a nostro avviso va chiuso, così come è impensabile aprire nel Cara un nuovo hotspot". Così si è pronunciato Federico Gelli, presidente della commissione parlamentare d'inchiesta sul sistema di accoglienza dei migranti, oggi a Catania, dopo aver visitato il Cara di Mineo. Queste parole arrivano lo stesso giorno in cui il gup di Caltagirone Salvatore Ettore Cavallaro ha rinviato a giudizio cinque imputati nell'inchiesta su una presunta "campagna acquisti" per sostenere la maggioranza consiliare al Comune di Mineo, in cambio di posti di lavoro o di un assessorato.

La struttura è al centro anche di un filone dell'inchiesta Mafia Capitale, che avrebbe accertato una truffa per gonfiare artificiosamente il numero dei migranti e quindi anche dei rimborsi. "Al più presto - assicura Gelli - convocheremo il prefetto Morcone per scongiurare l'apertura dello hotspot che da anticipazioni dovrebbe slittare rispetto alla data fissata per il 20 luglio". È il Nuovo Centro Destra del ministro dell’Interno, Angelino Alfano, che punta a trasformare il Cara di Mineo in hotspot e questo potrebbe diventare un nuovo motivo di scontro tra il Pd e l’alleato di governo. Ma, dopo due intensi giorni di visita ispettiva della commissione e varie audizioni con le autorità locali, Gelli ha escluso una simile ipotesi, sia per motivi strutturali sia perché "nel centro continuano ad operare organizzazioni criminali che si occupano di tratta di immigrati e prostituzione creando grandi criticità nei servizi”. Gli stessi procuratori di Catania e Caltagirone “non ci fanno immaginare come giusta operazione l'apertura del nuovo hotspot”, spiegato Gelli secondo cui “bisogna lavorare perché il Cara venga piano piano ridimensionato, senza escluderne, alla fine del percorso, la chiusura".

Contro la trasformazione del Cara di Mineo in hotspot si scagliano anche i membri pentastellati della commissione Cie-Cara che accusano indirettamente Alfano. "La situazione del centro di Mineo è forse la più emblematica rispetto alla incapacità o, in alternativa, alla malafede da parte di alcuni soggetti governativi che probabilmente, in maniera diretta o indiretta, ne traggono vantaggio. Proponiamo pertanto - concludono - la predisposizione delle misure opportune al fine di dismettere il centro quanto prima e ripristinare una situazione di normalità nel territorio calatino”. Anche Gianni Tonelli, segretario del Sap, raggiunto telefonicamente da ilgiornale.it, si chiede “Quali sono gli interessi in gioco? È inopportuno aprire un hotspot a 50 km dalle coste e crea soltanto uno spreco di risorse immotivato nel comparto della sicurezza”.

“Il sospetto – conclude Tonelli – è che non si voglia chiudere il Cara per interessi elettorali perché è una grande industria che dà posti di lavoro”.

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