Scontro a sinistra sul Sistema. Ermini (Csm) denuncia Renzi

Querela per il nuovo libro. La replica: "Non vedo l'ora". E i magistrati temono il flop per lo sciopero di oggi

Scontro a sinistra sul Sistema. Ermini (Csm) denuncia Renzi

Il rischio è quello di un flop. O di un mezzo fallimento. Fra dubbi e paure, la magistratura sciopera e l'astensione arriva nelle stesse ore in cui esplode l'ennesimo, sconcertante spettacolo pirotecnico sulla giustizia, tutto in area sinistra. Il vicepresidente del Csm dem David Ermini querela l'ex premier ed ex segretario del Pd Matteo Renzi, uno dei suoi grandi elettori che più volte si è detto pentito di quella scelta. Per Renzi, l'ascesa di Ermini è figlia del metodo Palamara da cui poi avrebbe preso le distanze alla velocità della luce dopo l'esplosione dello scandalo che ha mortificato la corporazione togata; Ermini viene fatto a fette anche nel libro «Il mostro», in uscita domani. Il numero due del Csm non ci sta e annuncia che lui e Renzi si rivedranno in tribunale. «Non vedo l'ora di ricevere l'atto di citazione - controreplica il senatore - . Potrò dunque raccontare tutto ciò che in questi lunghi anni l'avvocato David Ermini ha detto, scritto e fatto. Egli è diventato vicepresidente del Csm grazie al metodo Palamara e io sono uno di quelli che possono testimoniarlo. La sua storia è ricca di aneddoti che sarà piacevole raccontare, a cominciare dai numerosi scambi di sms di questi anni».

E, come se non bastasse, c'è anche il capitolo, comunque sia andata poco edificante, dei verbali dell'avvocato Amara che Davigo avrebbe consegnato a Ermini e lui avrebbe cestinato. Sul punto la difesa di Ermini è tutta tecnica: «Sostenere che io avrei distrutto materiale ufficiale proveniente dalla procura di Milano è affermazione falsa e temeraria, essendo il cartaceo mostratomi da Davigo copia informale, priva di ufficialità, di origine del tutto incerta e in quanto tale senza valore e irricevibile».

Insomma, la bufera va avanti e dopo aver travolto numerosi consiglieri di Palazzo dei Marescialli ora minaccia la poltrona del vice di Mattarella.

Le toghe però hanno stabilito di andare all'attacco e di schierarsi contro il governo e la maggioranza omnibus che ha faticosamente raggiunto un compromesso sul testo Cartabia. Pagine che peraltro devono ancora essere votate al Senato, ma l'Anm non ha cambiato idea e anzi mercoledì i suoi vertici hanno diffuso un appello, inneggiando ai sacri valori della Costituzione e chiamando a raccolta tutti i colleghi.

La verità è che su 9650 giudici in servizio sono solo 1400 quelli che hanno proclamato l'agitazione. Una percentuale modesta, non superiore al 15 per cento della magistratura italiana. Insomma, il rischio è che molti, a sorpresa ma neanche tanto, decidano di fare di testa loro e si presentino a Palazzo di giustizia per lavorare.

Dopo tutto quello che è successo, sarebbe un disastro d'immagine per l'Anm oggi presieduta da Giuseppe Santalucia. Il Foglio ha addirittura ipotizzato un'adesione non superiore al 50%: dunque un magistrato su due potrebbe disertare la prova di forza. È probabile che le cifre siano più alte, ma comunque non linea con gli scioperi degli anni scorsi, quando l'80-90 per cento dei giudici condivideva le ragioni dell'Anm e rimaneva a casa.

Si vedrà. Certo, sconquassi, delegittimazioni, ricorsi di ogni genere hanno tolto forza e autorevolezza ai giudici tricolori che però insistono sulla linea barricadiera. E puntano il dito, fra l'altro, contro la separazione delle funzioni, che sia chiaro non è quella delle carriere, e ancora di più con il fascicolo delle performance, introdotto da Cartabia.

Per la prima volta, secondo eminenti analisti, i giudici verranno finalmente valutati in concreto, rispetto alle loro decisioni, rinvii a giudizio, sentenze e via elencando. In ogni caso, i tempi della grande guerra alla politica e al mondo berlusconiano appaiono irrimediabilmente lontani.

Le toghe hanno perso appeal e anzi tanti giudicano le innovazioni portate da Cartabia poca cosa rispetto a quel che si dovrebbe fare e che potrebbe passare per la porta

stretta dei referendum se il 12 giugno verrà raggiunto il quorum.

L'Anm però ha deciso di non indietreggiare. Con un moto d'orgoglio ma anche con una certa dose di temerarietà. I numeri chiariranno la portata della sfida.

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