Con le scuole chiuse rischiamo di diventare gli asini dell'Europa

Ancora alto il tasso di abbandono scolastico. Secondo l'Istat il 12% dei bambini non ha pc

Con le scuole chiuse rischiamo di diventare gli asini dell'Europa

Una dietro l'altra molte regioni chiudono anche la materna e la primaria dopo aver già avviato la didattica a distanza per le superiori. Dopo Campania, Puglia e Basilicata serrano i portoni degli istituti anche Calabria e Val d'Aosta. Resiste l'Abruzzo che da domani passerà in zona rossa ma lascerà aperte le scuole.

Nonostante i continui appelli del ministro dell'Istruzione Lucia Azzolina affinché si tengano le lezioni in presenza almeno fino alla prima media anche nelle zone rosse e sopratutto anche in contrasto con le indicazioni del governo che comunque ammettono le lezioni in presenza anche nelle aree dove il rischio è più alto per i più piccoli.

Indubbiamente una sconfitta per il governo e il ministero dell'Istruzione in primis ma anche e sopratutto una sconfitta dei principi educativi: l'Italia è l'unico paese in Europa ad aver scelto di chiudere le scuole così a lungo.

Proprio il nostro Paese che invece registra ancora un gap pesante rispetto a molti degli altri membri Ue, come conferma l'ultimo monitoraggio elaborato dalla Direzione generale dell'Istruzione Ue pubblicato la settimana scorsa.

Su 7 degli indicatori chiave identificati dalla Commissione europea, l'Italia è sotto la media Ue in lettura, matematica e scienze, abbandono scolastico, livello di istruzione terziaria, istruzione degli adulti. Soltanto per quanto riguarda la frequenza dei più piccoli fino alla scuola dell'obbligo la percentuale dei frequentanti è superiore alla media europea.

Il tasso di abbandono scolastico anche se in calo resta tra i più alti in Europa, soprattutto al sud e tra i giovani nati all'estero. Nel 2019 oltre il 13 per cento dei giovani nella fascia di età compresa tra i 18 e i 24 anni ha abbandonato precocemente l'istruzione e la formazione. In calo certo rispetto al 14,5 dell'anno precedente ma pur sempre troppo al di sopra della media Ue del 10,2 e molto distante dal parametro di riferimento europeo 2020 del 10 per cento.

Non è poi possibile valutare al momento quali saranno le lacune e le carenze generate dalla mancanza delle lezioni in presenza soprattutto per gli studenti delle fasce più disagiate che non avevano a disposizione connessioni veloci e strumenti tecnologici adeguati. Se è vero che un'indagine condotta a livello nazionale dal ministero dell'Istruzione ha rilevato come tutti gli istituti siano riusciti a realizzare attività di didattica digitale e che una percentuale minima, solo il 2,6 degli studenti, non ha avuto alcun accesso all'apprendimento a distanza è pure vero che, come fa notare Tuttoscuola, l'Istat aveva calcolato che nel 2019 oltre il 12 per cento dei bambini tra i 6 e i 17 anni viveva in famiglie senza pc o tablet. Soltanto il 6 per cento delle famiglie italiane possiede un pc per ogni componente. Dunque nella stragrande maggioranza dei casi sopratutto con l'aumento dello smartworking in molte famiglie un pc è stato condiviso in due o tre persone.

Le scuole sono dotate di connessione ma, osserva la ricerca europea «il limitato progresso dell'innovazione digitale nell'insegnamento è in parte legato all'età media avanzata e alle scarse competenze digitali del corpo docente».

Il processo è lento e la percentuale di docenti che ha utilizzato strumenti tecnologici per l'insegnamento nella maggior parte o nella totalità delle lezioni nel 2018 era ferma al 35 per cento.

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