Se Baldini punta sul suo suicidio

Il sospetto che Baldini sfrutti, oggi come ieri, la sua condizione di strapelato per muovere a compassione i (numerosi) benefattori non è fantasioso

Se Baldini punta sul suo suicidio

Marco Baldini, per anni spalla di Fiorello, famoso per le proprie intemperanze al tavolo da gioco, coperto di debiti e di miseria, circa un anno fa abbandonò il lavoro perché - disse giustificandosi - tallonato dai creditori. Da allora sparì. Nessun media si è occupato di lui fino a mercoledì sera, quando la sua voce si è udita amplificata dai microfoni della Zanzara , programma radiofonico di successo condotto da Giuseppe Cruciani e David Parenzo. Baldini ha raccontato per l'ennesima volta le proprie tribolazioni di incallito amante dell'azzardo, per altro già descritte un po' meglio di lui nel Giocatore da Fedor Dostoevskij, lo stesso autore - e non può essere un caso - dell' Idiota .

Insomma siamo alle solite. Le lagne e le disperazioni dell'uomo di spettacolo sono arcinote e periodicamente riemergono dal dimenticatoio, suscitando la pena del pubblico, preoccupato che l'artista (si fa per dire), stordito dai guai, prima o poi faccia sul serio e decida di togliersi la vita. Cosa che peraltro Marco - stando alle sue dichiarazioni alla Zanzara - avrebbe tentato di fare recentemente, fallendo nel proposito (ovviamente insano) causa l'intervento di un barbone che gli sferrò un paio di pugni allo scopo di rapinarlo, ignaro che la sua vittima non aveva in tasca un euro e si stava ammazzando in auto con l'ossido di carbonio erogato dal tubo di scappamento.

Fu un salvataggio involontario e non un'opera di bene, ripagato male, visto che Baldini, svegliato dai cazzotti ricevuti, li restituì a colui che gli aveva evitato di andare all'altro mondo. Una vicenda surreale. Siamo obbligati a berla in mancanza di prova contraria. Marco è una miniera di balle in cui ha affogato talento e credibilità. Anche in questa circostanza ha ribadito di essere sull'orlo del baratro, privo di lavoro e di mezzi di sostentamento, cosicché è (sarebbe) costretto a campare nell'emarginazione, come un clochard: «Non ho neppure i soldi per la lavanderia e indosso sempre gli stessi abiti sudici». Non è una bella immagine. Cui se ne aggiunge un'altra pure inquietante (se vera): «Mi nutro investendo un paio d'euro al dì, al massimo cinque, e sono in ambasce per mia moglie ridotta in povertà».

Una narrazione che sarebbe perfetta se fosse inedita. Poiché invece trattasi di replica logora, ha fatto venire i nervi a chi l'ha ascoltata. Fiorello ha aiutato spesso l'amico offrendogli occasioni professionali ben retribuite; ora si è rotto le scatole di trascinarsi appresso un simile peso. Per sua stessa ammissione, Marco ha guadagnato parecchio negli anni scorsi, sprecando tutto sul tappeto verde.

Si sa che il gioco è una brutta bestia di cui è difficile liberarsi, ma sperperare ogni avere senza requie e senza un minimo di forza per emendarsi, è quanto di meno comprensibile, specialmente se il dissipatore ha una certa età.

Il sospetto che Baldini sfrutti, oggi come ieri, la sua condizione di strapelato per muovere a compassione i (numerosi) benefattori non è fantasioso. Le lacrime ricorrenti e copiose del giocatore impenitente alla fine sono diventate irritanti. Sventolare poi la bandiera del suicidio per scroccare una fiche è un esercizio stucchevole oltre che deprimente.

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