"Se comanda la sinistra si perdona tutto"

Fabrizio Del Noce, lo storico volto del Tg1: "Dopo l'editto bulgaro si riempirono le piazze, oggi poche voci contrarie al Pd"

"Se comanda la sinistra si perdona tutto"

Laura Rio - Fabrizio Del Noce, lei è stato per anni direttore di Raiuno (2002-2009) quando premier era Berlusconi. Cosa sarebbe successo a quell'epoca se il segretario della commissione di vigilanza Rai avesse chiesto il licenziamento di un conduttore come ha fatto Michele Anzaldi nei confronti di Massimo Giannini?

«Si sarebbero riempite le piazze contro di noi. Come ha detto Saviano c'è un nuovo editto bulgaro e ciò che sotto Berlusconi era inaccettabile adesso è grammatica del potere. Solo che quando al potere c'era il centrodestra non veniva perdonato niente, adesso si levano poche voci contrarie».

Però, all'epoca, l'editto bulgaro venne portato a termine e chiusi i programmi di Biagi, Santoro, Luttazzi e di altri giornalisti e comici che osavano criticare il governo.

«E infatti fummo massacrati, non per giorni, non per mesi, ma per anni. Ci uno scontro durissimo a qualsiasi livello, mediatico e politico, come se avessero buttato una bomba atomica. Per questo vedo ancora di più due pesi e due misure. Non mi pare ci siano sollevazioni popolari ora».Anche perché a dilaniarsi sono gli esponenti politici dello stessa area politica...«Infatti: mi pare che non venga ammessa neanche la critica interna oltre a soffocare quella esterna. Vedo una insofferenza per ogni tipo di lesa maestà».

Vuol sostenere che ai tempi di Berlusconi la Rai era più libera?

«La Tv di Stato è sempre stata soggetta alla politica, da molto tempo prima dell'arrivo di Forza Italia. E di episodi di censura, da Grillo a Tognazzi a Vianello ne possiamo ricordare tanti. Ma sinceramente ora mi sembra che sia calata una cappa di convenzionalismo».

A distanza di anni, non si rimprovera nulla per la chiusura del Fatto di Biagi?

«Come ha ammesso anche Berlusconi, i modi e i tempi forse non furono appropriati. Del resto quando sei in quelle situazioni qualcosa ti può sfuggire di mano. E comunque abbiamo pagato un prezzo altissimo di immagine. Ma ricordiamo che fu Biagi alla fine che scelse di andare via perché non c'erano più le condizioni per fare una trasmissione in serenità, qualunque cosa avesse fatto e detto sarebbe stato un inferno».

Che differenza trova tra la sua Rai e quella di oggi?

«Berlusconi a volte esagerava, usava delle espressioni di cui poi magari si pentiva e che lo mettevano in situazioni difficili. Renzi è più insofferente di Berlusconi ma anche più accorto, agisce in maniera meno plateale ma efficace».

All'epoca voi foste accusati di fare il gioco di Mediaset...

«I risultati parlano chiaro: nei sette anni in cui sono stato direttore, Raiuno, e la Rai in genere, ha avuto la leadership negli ascolti e nel prestigio. Ancora oggi il primo canale è retto dai programmi che feci io».Che effetto le fa leggere Santoro che si lamenta che i suoi programmi non trovano collocazione in nessuna tv ricordando gli anni delle furiose battaglie?«I tempi cambiano: lui è rimasto in auge per oltre un ventennio, un giornalismo aggressivo come il suo si consuma presto. Io l'ho sempre apprezzato per il coraggio di esporsi. E oggi di talk ce ne sono troppi e troppo simili».

Lo spoils system è una pratica accettata da anni: il neo direttore generale sta azzerando la vecchia linea dirigenziale, così successe anche ai suoi tempi.

«Sì, solo che a quei tempi esistevano misure di controbilanciamento. In base alla legge Gasparri c'era un cda in cui sedevano quattro membri nominati dalla maggioranza e quattro dalla minoranza e il presidente era un esponente della minoranza. Io ho lavorato con presidenti come Petruccioli e Garimberti con cui avevo duri ma rispettosi confronti. Adesso, invece, il potere è stato concentrato nelle sole mani del direttore generale».

Campo Dall'Orto sta prendendo la direzione giusta?

«Sinceramente non è stato fatto ancora nulla di significativo. Aspettiamo di vedere le nomine nelle reti e nelle testate e i nuovi programmi. La Rai deve pensare al futuro: la sfida di oggi si gioca sui new media e sulla competizione con Sky».

Lei lo avrebbe licenziato Azzalini (per il countdown di Capodanno)?

«Quello che ha fatto è assurdo. Ha tentato pure di dire che anche ai miei tempi si anticipava il conteggio, cosa falsa. In ogni caso, io da direttore di Raiuno mi sarei preso la responsabilità. In passato, in un caso del genere si sarebbe scelto il trasferimento a un'altra area».

E Giannini?

«Da direttore lo avrei difeso strenuamente. Poi magari in privato avremmo fatto quattro chiacchiere».

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