La Rai è irriformabile. Lo hanno stabilito Roberto Fico ed Aldo Grasso. Ed essendo il primo presidente della commissione di Vigilanza della Rai ed il secondo il più acclamato critico televisivo d'Italia, la sentenza pare inappellabile. Ma perché la Rai sarebbe irriformabile secondo l'affermazione del designato dal Movimento Cinque Stelle a presiedere la commissione bicamerale che esercita il controllo sulle trasmissioni radiotelevisive del servizio pubblico? Ed a parere il critico del Corriere della Sera che dall'alto del suo scranno di Venerato Maestro giudica e manda su ballerine, conduttori, produttori e, naturalmente, sui dirigenti e sui giornalisti di «mamma Rai»? La spiegazione, data sia dal rappresentante del movimento grillino che dal presidente della Cassazione televisiva del Paese, è che l'irriformabilità dipende dalla perdurante influenza della politica sull'azienda radiotelevisiva pubblica. Fico è stato perentorio. Dall'alto di una competenza derivante dall'investitura partitica e politica ricevuta dal vertice del M5S (la presidenza della commissione di Vigilanza spettava al maggior partito d'opposizione che ha designato nell'incarico il suo più qualificato rappresentante per via della laurea in Scienze della comunicazione con tesi sui neomelodici napoletani), Fico ha stabilito che fino a quando il consiglio di amministrazione della Rai verrà nominato dalla commissione da lui presieduta i partiti e la politica la faranno da padroni nell'azienda radiotelevisiva pubblica. Grasso, che nella sua carriera è stato anche in Rai per nomina politica e quindi conosce bene il meccanismo che domina su viale Mazzini, Saxa Rubra e quant'altro, si è accodato volentieri alla tesi del presidente della commissione di Vigilanza-Influenza politica, sostenendo che la nomina di un amministratore delegato compiuta dall'ultima riforma della Rai non è riuscita a cancellare l'onta di un cda nominato dalla politica e composto da incompetenti che hanno manifestato la loro sudditanza e la loro ignoranza bocciando il piano di Carlo Verdelli e piazzando lo scalpo dell'autorevole collega nello studio della capa del partito Rai, Monica Maggioni. Insomma, nella sentenza di inguaribile irriformabilità della Rai di Fico e Grasso si stabilisce che la politica sta alla Rai come lo Spirito Santo alla Santissima Trinità. E che chi osa intaccare questa consustanzialità fa la fine di chi tocca i fili e muore. La tesi dell'autorevole rappresentante politico dell'antipolitica e del Venerato Maestro esperto di lottizzazione non è la scoperta dell'acqua calda ma la dimostrazione di come si possa giungere attraverso percorsi diversi, uno seguito da un incompetente abissale e l'altro da un competente inaridito, al massimo della banalità. La Rai specchio della politica? Certo. Lo era quando il cda cogestiva con il direttore generale la lottizzazione decisa dal Parlamento. Lo è quando la lottizzazione a senso unico l'amministratore delegato la realizza da solo su mandato del governo. Se ne può uscire? Certo. Ma non tornando allo schema Eiar, cioè alla Rai di regime come pensa Grasso ripetendo il solito luogo comune sul modello dell'indipendenza della Bbc.
Semplicemente definendo quale deve essere il compito del servizio pubblico in un sistema che non è più domestico e fondato sul duopolio, ma è internazionale e segnato dalla concorrenza di media company sovranazionali. Alcuni degli incompetenti dell'attuale cda sarebbero ben felici di confrontarsi su questo tema con il presidente pentito e con il Venerato Maestro!- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.