Chiunque abbia letto l'intervista rilasciata da Mario Monti ad Andrea Malaguti della Stampa, vincendo il torpore che essa provocava, si sarà chiesto perché il professore si sia deciso a raccontare una vicenda vergognosa che lo ha visto protagonista. Monti ha detto papale papale di aver fondato (dopo la propria esperienza di presidente del Consiglio) Scelta civica nel 2013 allo scopo di rubacchiare voti (tanti) al centrodestra e (pochi) alla sinistra e impedire così che uno dei citati schieramenti avesse la forza di costituire una maggioranza in grado di determinare le sorti del Paese.
In particolare, l'ex premier (...)
(...) e senatore a vita ha affermato che, in virtù del 10 per cento di suffragi raccolti da Sc, la coalizione imperniata sul Pdl non ebbe un numero sufficiente di parlamentari per eleggere Silvio Berlusconi capo dello Stato. Cosa di cui l'illustre bocconiano mena palesemente vanto. Era il caso che rivelasse tutto ciò, ammesso e non concesso che sia vero? Secondo noi, egli avrebbe fatto meglio a tacere se non altro in omaggio alla propria reputazione di persona seria, anzi sobria. Infatti fu il Cavaliere in anni remoti (e indimenticabili) a brigare affinché Monti scendesse dalla cattedra e andasse a sedersi sulla poltrona (lussuosa) di commissario europeo.
D'accordo, la gratitudine è il sentimento della vigilia, e non si può pretendere che il docente sia diverso dai comuni mortali, però c'è un limite considerato invalicabile: quello della decenza, che impone di non sconfinare nell'esibizione delle proprie debolezze. È inconcepibile che un senatore a vita, promosso dal Quirinale salvatore della patria dopo non aver salvato un bel niente, dia corpo a una formazione politica estemporanea con la finalità meschina di creare i presupposti per inibire all'uomo che lo ha spinto in alto di salire al Colle, agevolando in tal modo il Pd di Pierluigi Bersani nella conquista del premio di maggioranza. Nulla di illegale, s'intende. Ma dal punto di vista dello stile - dell'estetica se non dell'etica - la manovra montiana risulta abbastanza disgustosa. Nei panni di Monti avremmo fatto di tutto per tenerla segreta, invece lui se ne gloria al punto d'aver vuotato il sacco addirittura con un giornalista.
Qualcuno dirà: affari suoi. Sì, ma anche nostri, visto che il professore ha guidato l'Italia per un annetto circa, fallendo per giunta l'obiettivo di rimetterla in carreggiata. E non si tratta di una personalissima opinione, bensì di un dato di fatto. Le tribolazioni della nazione, lungi dall'essere finite, sono perfino aumentate come si evince dall'analisi del bilancio pubblico: il debito non ha mai cessato di crescere e il Pil di calare; e sorvoliamo sulla produzione e sull'occupazione.
Comunque dobbiamo un ringraziamento a Monti. La sua tardiva e non richiesta confessione certifica che, se il Paese è pressoché ingovernabile, un contributo all'instabilità lo ha fornito anche lui, il cattedratico passato dalla Bocconi a Palazzo Madama con la rapidità di un fulmine.
In effetti, se né il centrosinistra né il centrodestra hanno una maggioranza solida e autonoma, la responsabilità è del leader di Scelta civica che ha soffiato voti di qua e di là. È una verità indigeribile, ma è la verità. Ce ne faremo una ragione, quella che Monti ha dimostrato di non avere.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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