Cronache

La sentenza choc: diritto d'asilo anche dall'estero

Il tribunale di Roma ha fatto tornare in Italia, con visto, 5 eritrei che erano stati respinti

La sentenza choc: diritto d'asilo anche dall'estero

È la prima volta. Finora il diritto di asilo era stato concesso solo a chi era già sul territorio nazionale. E invece ieri cinque eritrei sbarcano a Fiumicino grazie a una sentenza del giudice che fa cadere le frontiere e li autorizza ad entrare nel nostro Paese. Un caso che mostra come le politiche migratorie siano spesso rimodellate dalla magistratura.

Anche quando il caso sembrava chiuso. La storia ha un finale sorprendente a undici anni, un tempo interminabile, dall'incipit. L'Eritrea, su questo non c'è dubbio, è una dittatura sin dalla sua indipendenza nel 1993. Quindi sulla carta la protezione può essere accordata a chi scappa dalla repressione. Nel 2009 i cinque vengono soccorsi da una nave tricolore della Marina militare, ma poi vengono riaccompagnati in Libia.

Partita finita o almeno cosi sembra. Amnesty International però non demorde e prova a rilanciare la questione: ora il tribunale civile di Roma scrive una sentenza importantissima: «È una vittoria storica», dichiara Amnesty International che ha condotto la lunghissima battaglia.

Il quintetto atterra a Fiumicino con un volo partito da Israele, dove il gruppetto si era infine rifugiato. Nessuno, nemmeno un superottimista, avrebbe potuto prevedere una conclusione del genere. Invece, eccoli qua: «Siamo felici, siamo contenti», affermano due di loro.

Lo Stato apre le porte a chi era a migliaia di chilometri di distanza e questo cambia potenzialmente le prospettive: sarà possibile con l'ausilio di un buon avvocato entrare nel Paese dove non si è mai stati? Domanda che, solo a porla, fa tremare le vene di qualunque capo di governo.

Per ora, la breccia si apre sul respingimento operato dalla Marina militare. Era illegale, secondo i giudici, quindi i cinque possono tornare indietro e trovare ospitalità in Italia. Adesso hanno un visto e possono fare domanda di protezione internazionale. Dentro il circuito della legalità. Insomma, si apre una fase nuova che va ben oltre la singola vicenda e il destino di un pugno di migranti. Il Tribunale che ha anche condannato l'Italia e disposto il risarcimento del danno subito dai «fuggitivi», fissa alcuni paletti. Pure piuttosto rigidi, ma obiettivamente il passaggio è senza precedenti: il tentativo di regolarizzazione è sempre avvenuto con profughi presenti sul suolo italiano, non con soggetti che erano stati rispediti indietro, ricacciati nel disastro della Libia, anche se nel 2009 era ancora la Libia di Gheddafi.

Quante altre situazioni possono essere paragonate a questa? Certo, c'è di mezzo un respingimento e c'è un Paese che non rispetta gli standard della democrazia. Fra l'altro l'Eritrea, a causa del passato coloniale, ha un legame particolare con l'Italia e questo è un altro elemento da tenere in considerazione. La sentenza sbroglia una situazione specifica, ma potrebbe in qualche modo fare da apripista. Ipotesi. Per ora i cinque profughi afferrano il Paese che li aveva salvati e mandati via. Pensavano di non vederlo più, lo raggiungono in nome del popolo italiano. La politica, come spesso succede, in un modo o nell'altro viene scavalcata.

E dovrà riflettere sulle conseguenze di questo verdetto.

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