Squilli di rivolta delle imprese del Nord Est contro il decreto legge Dignità. I primi segnali sono arrivati dall'Associazione Industriali Veneto Centro che, durante una riunione a cui hanno preso parte 600 imprenditori, ha contestato duramente il decreto. «Una legge assolutamente controproducente che va contro ogni logica», afferma Bruno Zago, fondatore e amministratore delegato del Gruppo Pro-Gest, azienda trevigiana leader in Italia per la produzione di imballaggi. «Purtroppo, non ero presente alla riunione ma condivido pienamente quello che è stato detto».
Che cosa la preoccupa di più di questa nuova legge?
«Il discorso è semplice. Non è un momento di mercato sereno ma con alti e bassi. E voler a tutti costi rendere stabile la forza lavoro anche in assenza di lavoro è un controsenso. I cambiamenti che vogliono portare vanno contro ogni logica di mercato».
È una questione di principio o c'è pure qualcosa di concreto?
«La domanda è: perché il lavoro deve diventare un obbligo per gli imprenditori e nessun obbligo da parte dei dipendenti? Io sono a favore del lavoro libero, come negli Stati Uniti. In Italia siamo gravati da una situazione di mercato ballerina. La mia azienda produce imballaggi e siamo presenti su tutti i mercati: nei primi sei mesi di quest'anno c'è stata un'importante contrazione».
Secondo lei la flessibilità sarebbe un toccasana?
«In questa congiuntura perché devo essere obbligato a tenere a tutti i costi i dipendenti se il fatturato non lo permette? Non sono uno di quelli dal licenziamento facile perché credo che la forza di un'azienda sia proprio chi ci lavora. Ma bisogna fare i conti col mercato».
Quindi era meglio lasciare le cose come stavano.
«Dopo tanti anni, finalmente, era arrivata la possibilità di fare il contratto a termine e di prolungarlo. E si poteva guardare con più fiducia al futuro. Ma, se ora lo tolgono, sarà deleterio perché dopo il primo contratto a termine bisognerà passare a quello a tempo indeterminato oppure chiudere il rapporto».
Una strada senza ritorno?
«Vogliono aumentare l'occupazione? Allora questa è la strada sbagliata. Aggiungo una cosa: una volta se dovevi chiedere un lavoro a un artigiano, questo ti garantiva la consegna in pochi giorni. Oggi se lei va da un artigiano per fare un pavimento in legno, per esempio, ci vogliono almeno due mesi. Il motivo? L'insicurezza che l'ha costretto a tenere meno dipendenti e quindi ad avere meno disponibilità di tempo».
E quali soluzioni ci sono secondo lei?
«Dobbiamo fare in modo che l'artigiano o l'impresa possa avere la disponibilità di manodopera flessibile per soddisfare i fabbisogni che ci sono in quel momento. Quindi, se dopo sei mesi gli ordinativi calano non si possono tenere dieci dipendenti se hai lavoro solo per cinque. Il governo deve creare posti di lavoro non ridurli, e con questa legge si fermeranno le assunzioni. Se c'è insicurezza e mi obbligano a impegnarmi allora preferisco continuare a lavorare con meno dipendenti».
Un impegno troppo gravoso?
«Soprattutto costoso perché mi troverei comunque a pagare i dipendenti senza avere i soldi per farlo».
Si aspettava che la Lega tacesse di fronte a queste nuove regole che penalizzano le imprese?
«Lo dicevo anche prima della nascita del governo: Lega e M5s sono completamente diversi. Si sono accordati per governare scambiandosi però delle promesse: ora devono mantenerle, dandosi una mano a vicenda anche se non le condividono. Oggi la Lega non interviene perché a mio avviso deve onorare un impegno. Non sta facendo una bellissima figura. Ha sempre difeso le imprese e i lavoratori ma ora lascia fare al braccio sinistro quello che non vuol fare il braccio destro».
Quindi con questo decreto caleranno gli investimenti e anche i posti di lavoro?
«Se le aziende non fanno reddito, non faranno investimenti.
Se non faranno investimenti non ci saranno nuovi posti di lavoro. Se questo decreto diventerà legge molti contratti a termine non saranno rinnovati e sarà un grande passo indietro. Lasciamo lavorare chi ha già un lavoro».
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